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Quando spetta il rimborso delle spese legali sopportate per la gestione della pratica di risarcimento dei danni

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 11154 del 29/05/2015 si è espressa in materia di rimborso al danneggiato delle spese legali sopportate per la gestione della pratica di risarcimento dei danni.

Così recita la decisione ” … le spese consistite in compensi professionali saranno risarcibili o meno non già in base alla veste del percettore (sì al medico legale, no all’avvocato), ma in base alla loro effettiva necessità: dovrà perciò ritenersi sempre risarcibile la spesa per compensare un legale, quando il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando la vittima non ha ricevuto la dovuta assistenza, ex art. 9, co. l, d.p.r. 254/2006, dal proprio assicuratore. Per contra, sarà sempre irrisarcibile la spesa per compensi all’avvocato, quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivati erano modestissimi, e l’assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza al danneggiato.

Quindi il problema delle spese legali va correttamente posto in termini di “causalità”, ex art. 1223 c.c., e non di risarcibilità”. Da ciò consegue, ovviamente, che l’art. 9, 2° co., d.p.r. 254/2006, se inteso nel senso che esso vieta tout court la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali, deve essere ritenuto nullo per contrasto con l’art. 24 Cost., e va disapplicato”.

Il danno morale da lesioni micropermanenti va provato

In materia di danno morale da lesioni micropermanenti la Corte Costituzionale, 16-10-2014, n. 235 ha deciso che non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’ art. 139 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), impugnato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 32, 76 e 117, primo comma, Cost. , nonché 2, 3, 6 e 8 della CEDU, 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione medesima, 6 del Trattato UE, 1 e 3, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali UE.

Nella motivazione la Corte delle leggi ha affermato che “L’asserita esclusione della liquidabilità del danno morale si fonda su una premessa interpretativa erronea, posto che esso, secondo la giurisprudenza di legittimità, rientra nell’area del danno biologico e, ricorrendone in concreto i presupposti, può essere giudizialmente riconosciuto”.