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Riparazioni antieconomiche: quale risarcimento ?

In materia di riparazioni antieconomiche del veicolo (che si verificano quando i danni sono superiori al valore commerciale al momento dell’incidente), la Suprema Corte è costante nell’affermare che “la domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, quando abbia ad oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, deve considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, ai sensi dell’art. 2058 c.c., comma 2, di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ossia alla corresponsione di un somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo.

Così si è espressa  la Cassazione Sez. VI – 3, con ordinanza 28/04/2014 n. 9367 (che richiama anche Cass. 12 ottobre 2010, n. 21012; Cass. 4 marzo 1998, n. 2402).

Rapporti tra la procedura di risarcimento diretto e quella ordinaria

Si ricorda il principio espresso dalla Corte Costituzionale con ordinanza 28/05/2010 n° 192, in tema di procedure di risarcimento danni utilizzabili dal danneggiato:

Il Codice delle assicurazioni si è limitato a rafforzare la posizione dell’assicurato rimasto danneggiato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i suoi diritti secondo i principi della responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso”.

Ne discende che la procedura del risarcimento diretto non è esclusiva o assorbente, restando sempre la possibilità per il danneggiato di utilizzare la procedura ordinaria di risarcimento danni.

Quando spetta il rimborso delle spese legali sopportate per la gestione della pratica di risarcimento dei danni

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 11154 del 29/05/2015 si è espressa in materia di rimborso al danneggiato delle spese legali sopportate per la gestione della pratica di risarcimento dei danni.

Così recita la decisione ” … le spese consistite in compensi professionali saranno risarcibili o meno non già in base alla veste del percettore (sì al medico legale, no all’avvocato), ma in base alla loro effettiva necessità: dovrà perciò ritenersi sempre risarcibile la spesa per compensare un legale, quando il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando la vittima non ha ricevuto la dovuta assistenza, ex art. 9, co. l, d.p.r. 254/2006, dal proprio assicuratore. Per contra, sarà sempre irrisarcibile la spesa per compensi all’avvocato, quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivati erano modestissimi, e l’assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza al danneggiato.

Quindi il problema delle spese legali va correttamente posto in termini di “causalità”, ex art. 1223 c.c., e non di risarcibilità”. Da ciò consegue, ovviamente, che l’art. 9, 2° co., d.p.r. 254/2006, se inteso nel senso che esso vieta tout court la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali, deve essere ritenuto nullo per contrasto con l’art. 24 Cost., e va disapplicato”.

Pedone imprudente e concorso di colpa ex art. 2054 cc

La Cass. civ. Sez. III, 13-11-2014, n. 24204 ha statuito che “La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore, prevista dall’art. 2054, primo comma cod. civ. , non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e dunque non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, l’indagine sull’imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito, che va apprezzata ai fine del concorso di colpa ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ. , ed integra un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da adeguata motivazione”.
In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto esente da censura la decisione con cui il giudice di merito aveva accertato che il pedone investito aveva dato inizio ad un attraversamento “azzardato” nel mentre sopraggiungeva l’autoveicolo dell’investitore, pervenendo a tale conclusione attraverso una valutazione di tutti gli elementi in suo possesso e delibando plausibilmente la convergenza tra le dichiarazioni rese nell’immediatezza da coloro che erano presenti al sinistro e i riscontri obiettivi effettuati dalla Polizia stradale giunta “in loco”.

Danni sopravvenuti alla transazione

La Corte di Cassazione III Sezione Civile con la sentenza n. 23425 del 4 novembre 2014 ha precisato che ” … quel che rileva ai fini della risarcibilità dei danni sopravvenuti alla transazione od alla sentenza non è la presenza di segni clinici, ma la loro ragionevole prevedibilità con riferimento alle circostanze del caso concreto … . Prevedibilità che, in teoria, può anche prescindere dall’esistenza di sintomi….” .

Nell’enunciare il principio la Corte ha richiamato, ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 11592 del 31/05/2005, Rv. 582449; Sez. 3, Sentenza n. 3888 del 26/04/1996, Rv. 497263; Sez. 3, Sentenza n. 5576 del 03/11/1984, Rv. 437249).