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Il fermo tecnico secondo la Cassazione del 2016

La Cassazione Civile, sez. III, con sentenza 26/09/2016 n° 18773 ha affrontato l’annoso problema del fermo tecnico del veicolo che abbia subito un incidente stradale.

Le riparazioni del veicolorichiedono tempo

Le riparazioni del veicolo richiedono tempo

Discostandosi dall’orientamento più risalente, il Collegio ha affermato di aderire e dare continuità al più recente orientamento, in via di consolidamento, secondo cui il danno da “fermo tecnico” del veicolo incidentato non è risarcibile in via equitativa – cui è possibile ricorrere solo ove sia certa l’esistenza dell’an – ove la parte non abbia provato di aver sostenuto di oneri e spese per procurarsi un veicolo sostitutivo, nè abbia fornito elementi (quali i costi assicurativi o la tassa di circolazione, sempre che la durata della riparazione non sia stata particolarmente breve, tale da rendere irrilevante l’entità di detti costi) idonei a determinare la misura del pregiudizio subito (tra le altre, Cass., 19 aprile 2013, n. 9626; Cass., 17 luglio 2015, n. 15089; Cass., 14 ottobre 2015, n. 20620).

Si tratta, infatti, di indirizzo consentaneo al principio per cui anche il danno da “fermo tecnico” non può considerarsi in re ipsa (come invece opinato dalla ricorrente), quale conseguenza automatica del sinistro e della indisponibilità del veicolo, ma deve, invece, essere allegato e dimostrato in ragione della effettiva perdita patita dal danneggiato, in consonanza con la norma di cui all’art. 1223 c.c.  (richiamata dall’art. 2056 c.c.).

Senza veicolo sostitutivo è difficile dimostrare il fermo tecnico

Senza veicolo sostitutivo è difficile dimostrare il fermo tecnico

Sicchè, è corretta la decisione del giudice di appello che ha escluso la risarcibilità di detto danno in ragione della rilevata rapida attuazione delle opere di riparazione del veicolo (4 giorni), senza che l’attrice avesse neppure allegato (prima ancora che dimostrato) di aver subito “un danno materiale emergente ulteriore a quello normalmente discendente dal bisogno di disporre le opere” anzidette.

In estrema sintesi, per ottenere il risarcimento del fermo tecnico è opportuno presentare una fattura per noleggio di un veicolo sostitutivo.

Con l’unico rischio di non trovare accoglimento alla domanda, se il periodo delle riparazioni è stato molto breve.

Il fermo tecnico non va risarcito in automatico. Persiste in Cassazione il contrasto.

Il fermo tecnico del veicolo durante le riparazioni non sempre determina un danno da mancato utilizzo.

Il fermo tecnico del veicolo durante le riparazioni non sempre determina un danno da mancato utilizzo.

 

La Suprema Corte si è soffermata ancora una volta sul concetto di

fermo tecnico

del veicolo in riparazione e sulla risarcibilità del danno asseritamente derivante dal suo mancato utilizzo.

Secondo Cass. civ. Sez. III, Sent., 14/10/2015, n. 20620 “Il danno consistente nel costo sostenuto per riparare un autoveicolo è ben diverso da quello patito per non avere potuto disporre del mezzo durante il tempo necessario per le riparazioni, ovvero durante il tempo in cui il veicolo fu tenuto a disposizione dell’assicuratore del responsabile, per le necessarie verifiche.

Il danno in esame non è in re ipsa e non può essere ritenuto sussistente per il solo fatto che un veicolo non abbia circolato perchè in riparazione.

Deve pertanto concludersi nel senso che:

(a) l’indisponibilità d’un autoveicolo durante il tempo necessario per le riparazioni è un danno che deve essere allegato e dimostrato;
(b) la prova del danno non può consistere nella dimostrazione della mera indisponibilità del veicolo, ma deve consistere nella dimostrazione della spesa sostenuta per procacciarsi un mezzo sostitutivo, ovvero nella dimostrazione della perdita subita per avere dovuto rinunciare ai proventi ricavati dall’uso del mezzo”.

Nell’articolata motivazione, la Suprema Corte ha esaminato gli opposti orientamenti che nel corso del tempo si erano formati sul tema.

Si riporta la parte della sentenza, in quanto di sicura utilità per gli addetti ai lavori.

“7.4. Da oltre quarant’anni (dal 1972, per l’esattezza) nella giurisprudenza di questa Corte si registra un contrasto irrisolto sulla prova del c.d. danno da fermo tecnico: vale a dire del pregiudizio patito dal proprietario di un veicolo per non averne potuto disporre durante il tempo necessario alle riparazioni.
7.4.1. Secondo un primo e più antico orientamento, il danno da fermo tecnico può essere liquidato “anche in assenza di prova specifica, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato dei veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall’uso a cui esso era destinato”.
Questo orientamento si fonda sull’assunto secondo cui il proprietario di un veicolo a motore, durante il tempo delle riparazioni, sopporta necessariamente una perdita economica pari:
(a) alla tassa di circolazione;
(b) al premio di assicurazione;
(c) al deprezzamento del veicolo.
La sentenza “capostipite” in tal senso è rappresentata da Sez. 3, Sentenza n. 2109 del 23/06/1972, Rv. 359341; in seguito, nello stesso senso, si sono pronunciate Sez. 3, Sentenza n. 13215 del 26/6/2015, non massimata; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22687 del 04/10/2013, Rv.
629051; Sez. 3, Sentenza n. 9626 del 19/04/2013, Rv. 626034; Sez. 3, Sentenza n. 6907 del 8.5.2012, non massimata; Sez. 3, Sentenza n. 23916 del 09/11/2006, Rv. 593159: Sez. 3, Sentenza n. 17963 del 14/12/2002, Rv. 559270; Sez. 3, Sentenza n. 12908 del 13/07/2004, Rv.
574496; Sez. 3, Sentenza n. 3234 del 03/04/1987, Rv. 452307; Sez. 3, Sentenza n. 4009 del 28/08/1978, Rv. 393612; Sez. 3, Sentenza n. 1737 del 05/05/1975, Rv. 375375.
7.4.2. Per un diverso e più recente orientamento, invece, il danno da fermo tecnico non può considerarsi sussistente in re ipsa, quale conseguenza automatica dell’incidente. Esso può essere risarcito soltanto al cospetto “di esplicita prova” non solo del fatto che il mezzo non potesse essere utilizzato, ma anche del fatto che il proprietario avesse davvero necessità di servirsene, e sia perciò dovuto ricorrere a mezzi sostitutivi, ovvero abbia perso l’utilità economica che ritraeva dall’uso del mezzo.
Questo orientamento, inaugurato da Sez. 3, Sentenza n. 970 del 07/02/1996, Rv. 495753, è stato in seguito ribadito da Sez. 3, Sentenza n. 12820 del 19/11/1999, Rv. 531285 e da Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15089 del 17.7.2015, non massimata.
7.4.3. Ritiene questa Corte che il primo di tali orientamenti non possa essere condiviso, perchè tutti e sei gli assunti su cui si fonda sono erronei.
7.4.4. E’ erronea, in primo luogo, l’affermazione secondo cui il danno causato dall’indisponibilità d’un veicolo sia in re ipsa: nel nostro ordinamento infatti non esistono danni in rebus ipsis, e nessun risarcimento è mai esigibile se dalla lesione del diritto o dell’interesse non sia derivato un concreto pregiudizio (ex multis, da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 24474 del 18/11/2014, Rv. 633450; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 18812 del 05/09/2014, Rv. 632941; Sez. 1, Sentenza n. 23194 del 11/10/2013, Rv. 628570; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21865 del 24/09/2013, Rv. 627750).
Il danno in senso giuridico, infatti, non può dirsi esistente sol perchè sia stato vulnerato un diritto. La lesione del diritto è il presupposto del danno, non il danno in senso giuridico. Quest’ultimo vi sarà soltanto se dalla lesione del diritto sia altresì derivata una perdita, patrimoniale o non patrimoniale che sia.
7.4.5. E’ erronea, in secondo luogo, l’affermazione secondo cui una volta dimostrato che il veicolo sia stato inutilizzabile per un certo numero di giorni, il danno può essere per ciò liquidato “in via equitativa” ex art. 1226 c.c..
Una simile affermazione costituisce anzi una falsa applicazione del precetto di cui all’art. 1226 c.c.. Tale norma, infatti, non può costituire un commodus discessus per l’attore che non provi l’esistenza del danno. La liquidazione equitativa è consentita quando il danno sia certo nella sua esistenza, ma indimostrabile nel suo ammontare, mentre l’orientamento qui contestato ricorre all’art. 1226 c.c. , per liquidare un danno che è addirittura incerto nella sua stessa esistenza.
7.4.5. E’ erronea, in terzo luogo, l’affermazione secondo cui la sosta forzosa del veicolo comporta necessariamente un danno, pari alla spesa sostenuta dal proprietario per la c.d. “tassa di circolazione”.
La tassa di circolazione, già prevista dal D.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 , è stata trasformata in tassa sulla proprietà dal D.L. 30 dicembre 1982, n. 953, art. 5, comma 29, (convertito nella L. 28 febbraio 1983, n. 53 ).
La norma appena ricordata stabilisce che la tassa è dovuta per il solo fatto dell’iscrizione del veicolo nel pubblico registro automobilistico, ed a prescindere dalla sua circolazione.
Non è quindi corretto sostenere che la tassa sia stata “pagata invano” nel caso di sosta forzosa del veicolo, perchè il fatto costitutivo dell’obbligazione tributaria è la proprietà del veicolo, non la sua circolazione.
7.4.6. E’ erronea, in quarto luogo, l’affermazione secondo cui la sosta forzosa del veicolo comporta necessariamente un danno, pari al premio assicurativo “inutilmente pagato”.
Tale affermazione è doppiamente erronea.
In primo luogo, è erronea perchè il rischio che il veicolo possa causare danni a terzi non viene meno durante il periodo della riparazione (ad es., nel caso di incendio o di danni causati a terzi durante il collaudo), e dunque il premio non è “inutilmente pagato”.
In secondo luogo è erronea perchè durante il periodo della riparazione il proprietario potrebbe chiedere all’assicuratore la sospensione dell’efficacia della polizza, sicchè, ove non si avvalga di questa semplice precauzione, il pagamento del premio non potrebbe costituire un danno risarcibile, perchè dovuto a negligenza del danneggiato ( art. 1227 c.c.).
7.4.7. E’ erronea, in quinto luogo, l’affermazione secondo cui il danno da fermo tecnico sarebbe in re ipsa a causa del “deprezzamento del veicolo”.
In primo luogo, infatti, il deprezzamento è causato dalla necessità della riparazione, non dalla durata di questa.
In secondo luogo, il deprezzamento d’un veicolo non è una conseguenza necessaria del fermo tecnico, ma un danno eventuale e da accertare caso per caso. Così, ad esempio, la riparazione d’un veicolo obsoleto e malandato potrebbe addirittura fargli acquistare un valore superiore a quello che aveva prima del sinistro.
7.4.7. E’ inaccettabilmente erronea, infine, l’affermazione secondo cui l’indisponibilità del veicolo durante il tempo delle riparazioni costituirebbe un danno patrimoniale “a prescindere dall’uso a cui esso era destinato”.
Non potere utilizzare un veicolo per svago o diporto non costituisce una perdita patrimoniale, ma un pregiudizio d’affezione: come tale non risarcibile ai sensi dell’art. 2059 c.c. , mancando la lesione d’un interesse della persona costituzionalmente garantito”.

Il danno morale è autonomo rispetto a quello biologico.

La Cass. civ. Sez. III, 09-06-2015, n. 11851 ha precisato che “Nel caso di lesioni di non lieve entità e, dunque, al di fuori dell’ambito applicativo delle lesioni cd. micro permanenti di cui all’art. 139 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, il danno morale costituisce una voce di pregiudizio non patrimoniale, ricollegabile alla violazione di un interesse costituzionalmente tutelato, da tenere distinta dal danno biologico e dal danno nei suoi aspetti dinamico relazionali presi in considerazione dall’art. 138 del menzionato d.lgs. n. 209 del 2005, con la conseguenza che va risarcito autonomamente, ove provato, senza che ciò comporti alcuna duplicazione risarcitoria”.

Le spese legali sono dovute quando necessarie.

In tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, l’art. 9, comma 2, del d.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, emanato in attuazione dell’art. 150, comma 1, del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, il quale, per l’ipotesi di accettazione della somma offerta dall’impresa di assicurazione, esclude che siano dovuti al danneggiato i compensi di assistenza professionale diversi da quelli medico-legali per i danni alla persona, si interpreta nel senso che sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l’art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali effettivamente necessarie. (Cassa con rinvio, Trib. Firenze, 18/02/2011).

Questo è il principio espresso da Cass. civ. Sez. III, 29-05-2015, n. 11154.

Quando spetta il rimborso delle spese legali sopportate per la gestione della pratica di risarcimento dei danni

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 11154 del 29/05/2015 si è espressa in materia di rimborso al danneggiato delle spese legali sopportate per la gestione della pratica di risarcimento dei danni.

Così recita la decisione ” … le spese consistite in compensi professionali saranno risarcibili o meno non già in base alla veste del percettore (sì al medico legale, no all’avvocato), ma in base alla loro effettiva necessità: dovrà perciò ritenersi sempre risarcibile la spesa per compensare un legale, quando il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando la vittima non ha ricevuto la dovuta assistenza, ex art. 9, co. l, d.p.r. 254/2006, dal proprio assicuratore. Per contra, sarà sempre irrisarcibile la spesa per compensi all’avvocato, quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivati erano modestissimi, e l’assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza al danneggiato.

Quindi il problema delle spese legali va correttamente posto in termini di “causalità”, ex art. 1223 c.c., e non di risarcibilità”. Da ciò consegue, ovviamente, che l’art. 9, 2° co., d.p.r. 254/2006, se inteso nel senso che esso vieta tout court la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali, deve essere ritenuto nullo per contrasto con l’art. 24 Cost., e va disapplicato”.

LA NATURA GIURIDICA DELLA POLIZZA FIDEIUSSORIA.

La polizza assicurativa fideiussoria è un contratto atipico e non invece un contratto di fideiussione tipico ex art. 1936 cc, con importanti conseguenze in materia di solidarietà.

Sul punto si è da tempo espressa la giurisprudenza di legittimità, statuendo che “La polizza fideiussoria stipulata a garanzia delle obbligazioni assunte da un appaltatore costituisce una garanzia atipica, in quanto, ferma restando l’invalidità della polizza stessa se intervenuta successivamente rispetto all’inadempimento delle obbligazioni garantite, l’insostituibilità di queste ultime comporta che il creditore può pretendere dal garante solo il risarcimento del danno dovuto per l’inadempimento dell’obbligato principale, prestazione diversa da quella alla quale aveva diritto, venendo così vulnerato il meccanismo della solidarietà che, nella fideiussione, attribuisce al creditore la “libera electio”, cioè la possibilità di chiedere l’adempimento così al debitore come al fideiussore, a partire dal momento in cui il credito è esigibile”.

Così Cass. Sez. Unite, sent. n. 3947 del 18-02-2010.