Risarcimento danni 1
Il risarcimento danni e il pagamento del suo ristoro

Il risarcimento danni nel diritto civile

Il risarcimento danni è la più tipica sanzione del diritto civile.

Esso si sostanzia nell’obbligo di pagare una somma di denaro quale ristoro per un atto illecito.

E’ una conseguenza della responsabilità cui ogni soggetto è tenuto nell’ambito dei rapporti obbligatori. Si applica sia nel settore contrattuale, sia in quello extracontrattuale.

Il risarcimento danni nel campo dei contratti può riguardare sia la fase precontrattuale sia quella contrattuale, a seconda del momento in cui si manifesta relativamente alla formazione dell’accordo contrattuale. Infatti le trattative che di solito conducono a stringere un patto contrattuale, possono risolversi o con il definitivo raggiungimento dell’intesa, da cui nasce il contratto, oppure con una rottura. Qualora durante le trattative una parte abbia illuso l’altra, inducendola a perdite di tempo che comportino un danno economico, l’altra parte avrà diritto di chiedere il risarcimento dei danni subìti per l’inutile dispendio di tempo ed energie. Non tutte le trattative infruttuose portano al riconoscimento di un diritto ad ottenere un risarcimento danni.

Devono sussistere i presupposti di ogni atto illecito.

Gli elementi essenziali dell’illecito

Affinché possa venire riconosciuto un risarcimento danni, è necessario che sussistano tre elementi: la condotta illecita, l’evento di danno e il nesso di causalità.

Il primo elemento riguarda la condotta del soggetto che prende parte al rapporto obbligatorio. E’ necessario che tale soggetto compia un’azione, dolosa o colposa, commissiva o omissiva, che possa essergli riferita in quanto espressione della sua volontà. Perché possa aversi valida volontà contrattuale, è necessario che l’azione o l’omissione provengano da un soggetto dotato di adeguata capacità di agire (si pensi al minore d’età o a chi è affetto da una forma di demenza) e sia munito dei poteri di rappresentanza eventualmente necessari (si pensi all’amministratore di una società).

Il secondo elemento, il danno, è quello di più immediata comprensione e in apparenza più semplice da comprendere, anche se talvolta può comportare a delusioni processuali. Infatti il concetto di danno civilistico è strettamente legato all’idea del diritto ad ottenere una somma di denaro per la privazione di un bene che faceva parte del patrimonio di chi l’ha subìto. Oppure per l’impedimento ad incamerare un bene che avrebbe potuto ragionevolmente entrare a far parte del patrimonio del soggetto leso. Altre volte però chi chiede il risarcimento invoca la tutela per beni che non facevano già parte del suo patrimonio o che non avrebbero potuto entrarvi a breve o con alto grado di probabilità: in tali casi non si può parlare di danno, ma di mera aspettativa, di desiderio, di illusione. La lesione di un desiderio non dà luogo a risarcimento del danno. Tipico il caso dei danni non patrimoniali, quali la perdita di tempo, il mero disagio, la preoccupazione o l’ansia che non portino ad una patologia clinicamente accertabile.

Il terzo elemento, il nesso di causalità, è il punto d’unione tra i primi due, quello che dà pregnanza all’esistenza dei primi e senza il quale gli altri due, pur sussistendo, rimangono slegati tra loro e pertanto non possono portare ad alcuna condanna al pagamento del risarcimento. Senza il nesso di causalità non esiste alcun danno rilevante, anche se in via di fatto un danno esiste. Si pensi al caso fortuito, che spezza il nesso causale tra la condotta di un uomo e il danno materiale (si può immaginare la condotta di un medico che esegua un intervento chirurgico, nel pieno rispetto delle migliori regole professionali, ma che si risolva con la morte del paziente per l’interferenza di una problematica preesistente del soggetto, magari in un organo diverso da quello sottoposto all’operazione: ad esempio si pensi all’operazione per la frattura del femore, perfettamente ricomposto, che si risolva con la morte del soggetto per un carcinoma cerebrale preesistente).

Il risarcimento danni nei contratti

Nell’ambito dei contratti, il danno usualmente deriva dall’inadempimento degli obblighi assunti dalle parti.

Concettualmente si differenzia dagli obblighi principali del contratto (quali l’obbligo di pagamento del prezzo nella vendita, di consegnare il bene ordinato in un acquisto on line, di costruire l’immobile nei tempi promessi e senza difetti nel contratto di appalto), aggiungendosi ad essi quale effetto non voluto direttamente, ma pur sempre prevedibile.

Si può immaginare il danno di un grossista che, non ricevendo la merce ordinata presso il produttore, non riesca ad onorare i propri impegni di consegna verso il consumatore finale: il danno che il consumatore lamenterà verso il grossista, costituirà a sua volta il danno che quest’ultimo chiederà al produttore. Oppure si immagini il danno provocato dal progettista di un immobile che violi le norme urbanistiche, procurando al cliente una sanzione amministrativa dal Comune per la violazione della relativa disciplina. E ancora al danno per le spese di viaggio o per le consulenze tecniche (di un geometra, architetto o ingegnere per predisporre un progetto di costruzione o ristrutturazione di un immobile) o di assistenza per la predisposizione dell’atto finale di acquisto (tipiche quelle per predisporre il rogito notarile).

Molto spesso il risarcimento danni viene previsto nel contratto attraverso l’inserimento di una caparra confirmatoria, che è un meccanismo per quantificare in anteprima i danni. Essa consente alla parte che l’ha ricevuta e che non sia inadempiente, di trattenerla previa comunicazione del recesso dal contratto e senza necessità di fare una causa. Invece se la parte non inadempiente è quella che ha dato la caparra, dovrà fare causa per ottenere il doppio della caparra, però con l’agevolazione di non dovere dimostrare l’entità dei danni reali subìti.

Il risarcimento danni extracontrattuale

Se non c’è un contratto, il danno assumerà una natura extracontrattuale.

Tipici i casi dell’incidente stradale (illecito colposo, che può comportare danni ai veicoli o alle persone, questi ultimi sotto forma di lesioni fisiche lievi, gravi o gravissime, fino alla morte del soggetto), dell’aggressione fisica che conduca a una menomazione o a una malattia, anche psichica (illecito doloso), dell’offesa all’onore o alla reputazione attraverso i social media (illecito doloso, la cd. diffamazione su internet).

Si tratta per lo più di ipotesi che hanno anche valenza nel diritto penale, essendo previsti dalla legge come ipotesi di reato. Ma c’è anche il caso strettamente civilistico del danno precontrattuale, che si ha con l’interruzione immotivata delle trattative negoziali, oppure del danno provocato dalle cose in custodia (per es. la casa di abitazione da cui si stacchi un cornicione che cada su un passante).

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