La rinuncia all’eredità | Il peso dei debiti ereditari
La rinuncia all’eredità è l’atto con cui i chiamati alla successione manifestano la volontà di rimanere estranei al patrimonio del defunto.
In tal modo i chiamati evitano di succedere nelle posizioni attive e passive che erano del defunto.
Pertanto i soggetti che potevano divenire eredi, non acquisteranno tale qualità e non godranno degli eventuali crediti inclusi nell’eredità, ma specialmente non sopporteranno i pesi dei relativi debiti.
Quando i debiti superano i crediti
Se i debiti ereditari superano i crediti, l’eredità sarà sconveniente perché porterà un danno agli eredi piuttosto che un vantaggio.
Il criterio in base al quale scegliere se accettare o rinunciare all’eredità è pertanto quello che confronta la misura delle due voci dei crediti e dei debiti.
Per farlo è necessario considerare ogni aspetto di tali voci, includendo ogni credito o debito sia attuale, sia futuro.
L’analisi pertanto non va limitata a ciò che appare al momento dell’apertura della successione, cioè al momento della morte del de cuius, ma va estesa ai debiti o crediti che esistono solo genericamente e che non sono stati ancora quantificati esattamente.
Tipici sono i debiti che il defunto aveva nei confronti dell’Inps, dell’Agenzia delle Entrate o altri istituti pubblici, che usualmente quantificano le proprie pretese a distanza di anni rispetto all’evento della morte del loro debitore, oppure che formulano le proprie richieste alcuni anni dopo.
Se i chiamati non conoscono in profondità la situazione del defunto, potranno in primis svolgere una valutazione prognostica in base all’esperienza comune, secondo la quale è molto più facile che esistano debiti se il defunto era un lavoratore autonomo (specialmente se imprenditore), mentre è più difficile se era un lavoratore subordinato (un dipendente). Poi potranno svolgere apposite indagini patrimoniali attraverso soggetti abilitati e presso gli enti interessati.
Altri motivi di rinuncia
Potrebbero esistere anche altre motivazioni che conducono un soggetto chiamato all’eredità a decidere di rinunciare alla stessa.
Si tratta di ipotesi minori, ma pur sempre realistiche e che molto spesso coinvolgono eredità con beni immobili.
Ci sono soggetti che non vogliono intestarsi i beni ereditari per agevolare i loro futuri eredi in linea retta (figli e nipoti), evitando una doppia tassazione o comunque procurando loro l’intestazione immediata della proprietà degli immobili.
In pratica il rinunciante lascia il proprio posto ai soggetti che sarebbero chiamati all’eredità nel caso della sua mancanza (per premorienza o rinuncia).
Tale operazione è possibile quando opera l’istituto della rappresentazione oppure quello della sostituzione nel testamento: nel primo caso il rinunciante dev’essere figlio o fratello del defunto, mentre nel secondo può essere chiunque (però nel rispetto dei soggetti legittimari).
Altri motivi possono essere legati a
- situazioni personali (quali inimicizia col defunto o con la sua famiglia, che aveva spinto i soggetti a restare estranei già in vita)
- convenienza fiscale (una seconda casa è sottoposta a tassazione maggiore, che potrebbe stimolare a non gradire l’intestazione di ulteriori beni)
- riflessione economica, perché si tratta di immobili vetusti che hanno necessità di manutenzione straordinaria particolarmente onerosa;
- desiderio di serenità, per evitare le problematiche della divisione ereditaria relativa a beni di scarso valore.
Come si rinuncia all’eredità
La forma della rinuncia all’eredità, affinché sia valida ai fini legali, è quella dell’atto pubblico.
Quindi il chiamato all’eredità dovrà rivolgersi ad un pubblico ufficiale e manifestare davanti allo stesso, la sua volontà di rinunciare all’eredità.
Sono due le figure di pubblico ufficiale a cui è possibile rivolgersi per rinunciare: il notaio o il cancelliere del tribunale.
Si potrà scegliere una delle due figure in base ai tempi e ai costi: il notaio costa sensibilmente di più rispetto al cancelliere del tribunale (di solito il doppio), però i tempi della sua prestazione usualmente sono più ridotti (quelli del cancelliere variano da tribunale a tribunale, ma di solito si può andare dai 15 / 20 giorni fino al mese e mezzo d’attesa).
Molte persone scelgono di rivolgersi al tribunale, facendosi assistere per comodità da un avvocato esperto in successioni, che si occuperà di prendere gli appuntamenti, predisporre i modelli, quantificare i costi, prendere le copie autentiche.
In tal modo anche i meno esperti possono utilizzare il canale del tribunale con tranquillità, senza doversi preoccupare di informarsi troppo sugli orari, sull’ubicazione degli uffici, sulle code, sulle modalità per chiedere le copie.
Quanto costa la rinuncia all’eredità
Il costo della rinuncia è legato alla scelta dell’ufficiale giudiziario che redigerà l’atto.
- E’ naturale che se ci si rivolgerà al notaio il costo sarà nettamente superiore a quello del cancelliere del tribunale.
Questo perché il notaio chiederà, oltre alle imposte che gravano sull’atto (l’imposta di registro è di 200,00 euro), anche un compenso per la propria attività.
Non è raro spendere 1.500,00 euro per un atto notarile di rinuncia all’eredità.
2. Dal cancelliere del tribunale si può andare da soli o con un avvocato.
Avvalendosi dell’assistenza di un avvocato per la procedura davanti al cancelliere, di solito si paga la metà rispetto al notaio.
3. Facendo tutto da soli, si pagano solo l’imposta di registro e i diritti di copia dell’atto.
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