Una fattura non pagata dal cliente rappresenta un evento piuttosto frequente nella vita di un imprenditore commerciale.

La fattura non pagata può riferirsi a un acconto o a un saldo, talvolta viene emessa a nome di un cliente conosciuto da tempo, oppure per un affare di rilevante importo, ma anche per importi di entità modesta.

Il diritto di credito cui la fattura non pagata si riferisce può trovare fondamento nei più vari rapporti: a titolo di esempio si indicano i casi in cui il credito si fonda su prestazioni rese in materia di vendita, di fornitura di merci, di appalto per la costruzione di opere edilizie, di prestazione di servizi, ma si può trattare di qualsiasi ipotesi di prestazioni rese da imprenditori commerciali che diano luogo al diritto di ottenere il pagamento di una somma liquida di denaro.

In ogni caso, la vicenda infastidisce,  sottrae tempo e concentrazione all’imprenditore, che è costretto a un doppio lavoro, quello suo proprio e quello extra per recuperare il credito: si inizia con le telefonate di sollecito, poi con i fax o le mail, infine con qualche lettera raccomandata.

Peraltro possono derivarne anche problemi con le banche con le quali l’imprenditore lavora, se la fattura era stata scontata: il mancato incasso si ripercuote sul fido e sottrae disponibilità di cassa, impedendo di muoversi secondo la pianificazione aziendale prestabilita.

Se poi il fenomeno si presenta con una certa frequenza e con vari clienti, si può determinare una mancanza di liquidità tale da condurre l’impresa in una fase di crisi.

E’ anche per questo motivo che è importante per l’imprenditore trovare una soluzione rapida e che dia una ragionevole probabilità di successo.

Ma cosa può fare l’imprenditore se un cliente non paga la fattura presentata per il pagamento ?

Di solito la via bonaria non porta buoni risultati e neppure i solleciti di pagamento svolti con lettera raccomandata.

Così l’imprenditore si rende conto che è più utile e proficuo attivare una procedura giudiziale di recupero crediti con l’ausilio di un avvocato.

Infatti in questi casi il creditore-imprenditore commerciale ha una posizione di privilegio, potendo utilizzare la fattura non pagata emessa a carico del debitore suo cliente, al fine di chiedere al giudice l’emissione di un decreto ingiuntivo che condanni quest’ultimo al pagamento della somma indicata nella fattura stessa o del residuo ancora dovuto.

Si tratta di una procedura molto rapida che avviene senza il confronto delle parti e quindi sulla base della semplice richiesta unilaterale dell’imprenditore.

I requisiti legali per la richiesta sono:

  • la determinatezza della somma (è quindi escluso il credito da risarcimento dei danni) ;
  • la prova scritta (il credito non deve essere provato con testimoni);
  • la scadenza del termine di pagamento (il credito dev’essere esigibile).

Soluzioni: come costringere il cliente a pagare la fattura

Il buon senso suggerisce all’imprenditore dapprima di inviare un sollecito bonario al cliente, in quanto quest’ultimo ben potrebbe aver dimenticato la scadenza o aver avuto problemi con la propria banca o altri contrattempi.

Si comincia con una fax, con una telefonata, con una e-mail, poi si formalizza con una lettera raccomandata o con un messaggio via pec.

Di solito però non si tratta di banali contrattempi occorsi involontariamente al cliente, ma di una condotta colposa o addirittura maliziosa, diretta ad eludere il dovere di saldare il conto.

A quel punto l’imprenditore si rende conto che è più utile e proficuo attivare una procedura giudiziale di recupero crediti con l’ausilio di un avvocato.

La procedura pone il creditore-imprenditore commerciale in una posizione di privilegio, potendo egli utilizzare la fattura come prova del suo diritto e ottenere subito la condanna al pagamento.

Il giudice emetterà un decreto ingiuntivo senza entrare nel merito della vicenda contrattuale e senza valutare tutti i suoi eventuali sviluppi o le lamentele di controparte, semplicemente condannando il debitore al pagamento della somma indicata nella fattura stessa o del residuo ancora dovuto.

Si tratta di una procedura molto rapida che avviene senza il confronto delle parti e quindi sulla base della semplice richiesta unilaterale dell’imprenditore.

I requisiti legali per la richiesta sono:

  • la determinatezza della somma (è quindi escluso il credito da risarcimento dei danni) ;
  • la prova scritta (il credito non deve essere provato con testimoni);
  • la scadenza del termine di pagamento (il credito dev’essere esigibile).

Cosa serve per ottenere il decreto ingiuntivo

L’imprenditore dovrà presentare copia semplice della fattura non pagata intestata al cliente nonché copia autenticata da notaio della pagina del libro IVA in cui è stata registrata la fattura stessa.

Il costo del rilascio della copia autentica da parte del notaio varia in base al numero di fatture e al numero di pagine da autenticare e di solito va dagli 80 ai 300 euro.

Quanto dura la procedura

L’emissione del decreto ingiuntivo di solito avviene nell’arco di 20 giorni dal momento del deposito del ricorso nella cancelleria del giudice competente.

Una volta emesso, si dovrà provvedere a chiedere le copie autentiche e a notificarle a controparte.

Questa attività di solito richiede ulteriori 20 giorni, per cui nell’arco di un paio di mesi di solito il debitore riceve la notifica del decreto di ingiunzione di pagamento.

Quanto costa la procedura di recupero dei crediti

Il tema dei costi del processo è determinante per l’imprenditore, in quanto egli deve sempre eseguire una scelta in base al principio economico dell’analisi tra costi e benefici.

Il principio assume maggiore importanza allorché l’imprenditore stia vivendo una fase di crisi economica, propria o del settore di appartenenza.

Al fine di agevolare gli imprenditori, l’avvocato Baraldo adotta il metodo del compenso a PERCENTUALE sul valore della domanda.

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Percentuali per il decreto ingiuntivo

Sviluppi successivi

Cosa accade dopo la notificazione.

Una volta che il decreto ingiuntivo è stato ricevuto dal debitore, decorre il termine di 40 giorni per quest’ultimo per proporre l’eventuale opposizione.

Infatti il debitore ha la possibilità di contestare l’ordine di pagamento racchiuso nel decreto ingiuntivo, sollevando eccezioni che possono riguardare sia l’esistenza del credito, sia fatti estintivi eventualmente intervenuti: per esempio la prescrizione, la compensazione dell’esistenza di un controcredito fondato su altri rapporti intercorrenti tra le parti, una domanda di risarcimento dei danni, magari per vizi e difetti o altre ipotesi di inadempimento del creditore.

Cosa accade se il debitore non si oppone.

Qualora dopo aver ricevuto la notificazione del decreto ingiuntivo il debitore non svolga alcuna opposizione, il decreto ingiuntivo diverrà definitivo e non sarà più possibile per il debitore sollevare le eccezioni che avrebbe dovuto opporre nei 40 giorni dalla notificazione.

Essendo divenuto definitivo, il decreto acquisterà anche efficacia esecutiva (se non concessa già in precedenza) e il creditore potrà agire per chiedere il pagamento forzato delle somme dovute.

Come si muoverà il creditore.

Il creditore munito del decreto ingiuntivo definitivo potrà iniziare una seconda causa, quella di esecuzione forzata.

Questa procedura è diretta alla soddisfazione concreta del diritto di credito e viene attuata attraverso l’aggressione del patrimonio del debitore, al fine di ottenere la somma di denaro indicato nel decreto ingiuntivo.

Il creditore potrà così pignorare i conti correnti bancari o di deposito del debitore e ottenere la disponibilità delle somme liquide in essi contenute, oppure potrà aggredire i beni mobili e immobili del debitore per farli mettere all’asta, convertendone il valore in denaro e chiedendo l’assegnazione delle relative somme.

Cosa accade se il debitore svolge opposizione.

Nell’ipotesi in cui il cliente-debitore si opponga al decreto ingiuntivo, si aprirà una causa ordinaria di cognizione diretta all’accertamento dell’esistenza del credito o della sua inesistenza sulla base delle eccezioni sollevate dal debitore.

Il creditore in questo giudizio assume la qualità sostanziale di attore, in quanto ha l’onere di provare l’esistenza del suo diritto di credito. Questo rileva sotto il profilo delle prove che il creditore dovrà portare all’attenzione del giudice. Infatti in questo giudizio le fatture commerciali e le copie autentiche prodotti nella prima fase monitoria non hanno valore di prova, ma al più avranno valore di semplice indizio. Pertanto il creditore dovrà dimostrare con puntualità l’origine del suo credito e pertanto l’esistenza di un contratto, la sua corretta esecuzione e la quantificazione del credito stesso.

Però trattandosi di una causa di opposizione a decreto ingiuntivo, il creditore ha un trattamento privilegiato rispetto a una causa iniziata dall’origine in via ordinaria: alla prima udienza egli potrà chiedere l’esecutività provvisoria del decreto e potrà quindi agire nella sede esecutiva sin da subito, per ottenere il pagamento forzato del credito. Questa possibilità sussiste purché l’opposizione non sia fondata su prova scritta o la causa non sia di pronta e facile soluzione: per esempio, se la fattura è stata emessa da un costruttore edilizio e il suo cliente si è opposto sollevando questioni relative a difetti delle opere, usualmente il giudice concede la provvisoria esecutorietà al decreto ingiuntivo, perché i difetti richiedono un’apposita fase istruttoria per essere provati e quantificati.

Siccome il giudizio di opposizione ha natura di normale causa di cognizione, i tempi e costi sono quelli propri di tale tipologia di processo. Quindi se sarà necessario provare il diritto di credito attraverso la prova testimoniale, l’interrogatorio del debitore o una perizia, saranno necessari tempi presumibilmente impegnativi e comunque non propriamente ridotti.

Quanto dura il processo di opposizione.

I tempi del processo di opposizione dipendono sia dal giudice competente a deciderlo, sia dal carico di lavoro del singolo magistrato, sia dalla tipologia di questioni che saranno oggetto di prova.

Usualmente il processo davanti un giudice di pace è più breve rispetto a quello che si svolge in tribunale: davanti al primo giudice usualmente è lecito attendersi una definizione nell’ambito di un anno o un anno e mezzo, mentre in tribunale la durata media del processo si aggira sui 3 anni o 3 anni e mezzo.

Qualora però non sia necessario sentire testimoni, interrogare le parti o svolgere alcuna perizia, la durata del processo anche avanti il tribunale viene notevolmente ridotta ed è presumibile possa dimezzarsi rispetto a quelli indicati.

E se non si dispone di una fattura ?

Talvolta il decreto ingiuntivo può essere ottenuto anche senza la presentazione di una fattura non pagata.

Infatti il creditore può utilizzare qualsiasi documento da cui risulti con una certa attendibilità l’esistenza del suo credito.

Si pensi alla corrispondenza intercorsa tra le parti con la quale il debitore riconosca l’esistenza sia del contratto, sia delle somme dovute (tipico il caso del fax inviato dal debitore che chieda la fornitura della merce o la prestazione di un servizio all’imprenditore).

Si pensi anche al caso dell’emissione di una cambiale o di un assegno bancario da parte del cliente: in questo caso bisogna distinguere l’ipotesi in cui tali titoli di credito siano stati protestati o meno. Nel primo caso non ci sarà bisogno di chiedere un decreto ingiuntivo, perché la legge attribuisce efficacia di titolo esecutivo alla cambiale o all’assegno protestati. Quindi il decreto ingiuntivo sarà richiesto nella seconda ipotesi, allorché la cambiale o l’assegno non siano stati protestati, con il vantaggio non trascurabile  dell’immediata esecutività, in quanto tali atti contengono un espresso riconoscimento del debito.

Qualora esista un contratto scritto (con prestazioni corrispettive), sarà necessario offrire la prova di aver adempiuto la prestazione a proprio carico (per esempio l’aver costruito le opere edilizie).

Se invece non si dispone di alcuna prova scritta idonea per l’emissione del decreto ingiuntivo, si dovrà iniziare una causa ordinaria: se il suo esito sarà positivo, sarà emessa una sentenza di condanna al pagamento della somma dovuta e si potrà iniziare la procedura di esecuzione forzata.

La fattura come prova per l’emissione del decreto ingiuntivo: cosa dice la giurisprudenza.

Si offre una rassegna di giurisprudenza della Cassazione civile sul tema della idoneità della fattura a fondare la richiesta di ingiunzione di pagamento.

Cass. civ. Sez. II, 08-06-2004, n. 10830

Ai fini della prova richiesta dalla legge per l’emissione del decreto ingiuntivo è sufficiente qualsiasi documento di sicura autenticità, anche non proveniente dal debitore, da cui risulta con certezza l’esistenza del diritto di credito fatto valere in giudizio. (Nella specie, in applicazione del riferito principio, la Suprema corte ha ritenuto che correttamente il giudice di pace avesse emesso decreto ingiuntivo sulla base di una semplice fattura).

Cass. civ. Sez. II, 04-03-2003, n. 3188

La fattura, ove proveniente da un imprenditore esercente attività commerciale e relativa fornitura di merci o prestazioni di servizi (anche a cliente non esercente, a sua volta, la medesima attività), rappresenta idonea prova scritta del credito quale richiesta ex lege per l’emissione di un decreto ingiuntivo, sempre che ne risulti la regolarità amministrativa e fiscale. Deve escludersi, peraltro, che la stessa fattura possa rappresentare nel giudizio di merito – e anche in quello di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto in base a essa – prova idonea in ordine così alla certezza, alla liquidità e alla esigibilità del credito dichiaratovi, come ai fini della dimostrazione del fondamento della pretesa. La fattura, infatti, si inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito, per cui quando tale rapporto sia contestato tra le parti, la fattura, ancorché annotata nei libri obbligatori, proprio per la sua formazione a opera della stessa parte che intende avvalersene, non può assurgere a prova del contratto, ma, al più, può rappresentare un mero indizio della stipulazione di esso e dell’esecuzione della prestazione, mentre nessun valore, neppure indiziario, le si può riconoscere in ordine alla rispondenza della prestazione stessa a quella pattuita, come agli altri elementi costitutivi del contratto.

Cass. civ. Sez. I, 24-07-2000, n. 9685

Costituisce prova scritta, atta a legittimare la concessione del decreto ingiuntivo a norma degli art. 633 e 634 c.p.c. , qualsiasi documento proveniente non solo dal debitore, ma anche da un terzo, purchè idoneo a dimostrare il diritto fatto valere, anche se privo di efficacia probatoria assoluta (quale, avuto riguardo alla sua formulazione unilaterale, la fattura commerciale), fermo restando che la completezza della documentazione esibita va accertata nel successivo giudizio di opposizione, a cognizione piena, nel quale il creditore può provare il suo credito indipendentemente dalla legittimità, validità ed efficacia del provvedimento monitorio, allo stesso modo in cui il debitore può dimostrare la insussistenza del preteso diritto. Anche la sentenza di condanna generica, inidonea “ex se” a fondare l’azione esecutiva in ordine ad una determinata pretesa, è utilizzabile come atto scritto idoneo a dimostrare l’esistenza del credito fatto valere, la prova del cui ammontare ben può essere desunta da un diverso documento.