La risposta dipende dall’analisi complessiva dei debiti che gravano sull’impresa.
Infatti se l’imprenditore ha un solo debito di importo inferiore ai trentamila euro, la domanda di fallimento sarà inammissibile ai sensi dell’art. 15 della legge fallimentare (R.D. 267/42).
Invece qualora esistano altri debiti, seppur non introdotti con istanza di fallimento e pertanto non presenti nella procedura prefallimentare, la risposta sarà positiva, perché il tribunale ha il dovere di esaminare l’intero assetto patrimoniale dell’impresa sottoposta al vaglio di fallibilità.
Questa pare la conclusione cui è pervenuta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20290 del 2015 (Cass. civ. Sez. I, 09-10-2015, n. 20290), che ha confermato il proprio orientamento in merito all’interpretazione dell’art. 15 comma 9 L.F..
Il Supremo Collegio ha statuito che “Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila”.
Nel caso di specie la ricorrente aveva denunciato falsa applicazione della richiamata disposizione sulla base della premessa, considerata infondata, secondo la quale la soglia di fallibilità ivi prevista riguardi solo il debito dell’impresa nei confronti del creditore procedente.