I danni risarcibili che patisce il danneggiato rimasto vittima di un incidente stradale, usualmente sono rappresentati dai danni al veicolo, alla persona (il cosiddetto danno biologico, che deriva sia da lesioni temporanee sia da quelle comportanti una invalidità permanente), al patrimonio (spese di cura, mancato guadagno per astensione dal lavoro, perdita di chances, di opportunità in corso di realizzazione).
Senza pretesa di esaustività, i danni tipici provocati dal sinistro stradale sono i seguenti:
- danno al veicolo incidentato;
- danno alle cose trasportate;
- danno biologico alla persona (lesioni fisiche lievi, gravi o morte);
- danno non patrimoniale (danno morale ed esistenziale);
- spese mediche di cura;
- mancato guadagno.
Proviamo ad analizzarli nel dettaglio.
1. I danni al veicolo (automobile, motociclo, ciclomotore, bicicletta)
Per quanto riguarda i danni al veicolo, si deve precisare che nella nozione vengono ricompresi anche i danni agli impianti accessori, quali impianto a gas gpl o metano (smontaggio e rimontaggio dello stesso), la radiazione del veicolo e l’immatricolazione di quello sostitutivo, l’esborso per il recupero del mezzo incidentato, il costo di un veicolo a noleggio (ma solo per il periodo strettamente necessario per le riparazioni – il cd. fermo tecnico – e per soggetti che abbiano necessità professionali di utilizzare il veicolo).
Qualora il costo delle riparazioni sia superiore al valore del veicolo al momento dell’incidente, si dice che il danno è antieconomico. In tale ipotesi la compagnia di assicurazione risarcirà soltanto il valore commerciale del mezzo, detraendo il valore del relitto. Questa tecnica liquidativa si fonda su un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, che motiva sulla scorta dell’esigenza di evitare un ingiusto arricchimento del danneggiato.
Per approfondire il tema del danno antieconomico, si veda l’articolo nell’apposita sezione sulla barra a destra.
Per verificare il valore del preventivo di spesa, si veda l’articolo nell’apposita sezione sulla barra a destra.
2. Il danno alle cose trasportate
Il danno alle cose trasportate andrà provato in concreto, mettendo le stesse a disposizione del perito incaricato dalla compagnia assicuratrice di eseguire la valutazione dei danni. Dovrà essere allegata altresì la fattura di acquisto del bene trasportato ovvero, in mancanza, un preventivo di acquisto.
Il valore liquidato di solito è pari al 50% del valore a nuovo, sulla base del fatto notorio (che ammette prova contraria) secondo il quale i beni usati hanno un valore quantomeno dimezzato rispetto a quelli nuovi.
3. Il danno alla persona
Il danno alla persona consiste nelle lesioni fisiche subite a causa dell’evento sinistroso, giungendo nelle ipotesi più gravi a procurare la morte del soggetto leso.
Le lesioni comportano un periodo di inabilità (chiamata comunemente “malattia”), che può essere totale (o assoluta) o parziale, a seconda delle conseguenze sull’idoneità del soggetto a svolgere le attività di vita ordinarie.
Le lesioni vengono inquadrate anche nel concetto di danno biologico, rappresentato dalla menomazione fisica che l’infortunato subisce quale conseguenza dell’incidente.
E’ bene chiarire che le lesioni alla persona sono un concetto diverso dal danno al suo patrimonio, anche quando esse abbiano ripercussioni sulla capacità di produrre un reddito. Si distinguono pertanto dalla capacità professionale specifica, che è l’attitudine ad essere produttivo svolgendo mansioni di lavoratore (autonomo o subordinato). Quel che viene risarcito come danno biologico invece è l’attitudine della persona a svolgere le attività umane nella loro totalità, come persona e non come lavoratore. Quindi la sofferenza che una persona patisce incide in sé, per il fatto di essere vitale, non per il fatto di essere utile o produttivo.
Al fine della corretta quantificazione del danno alla persona, è necessaria una valutazione da parte di un medico legale specializzato in medicina legale delle assicurazioni.
Soltanto la perizia redatta dal medesimo viene tenuta in considerazione dalla compagnia assicuratrice per la liquidazione dei danni.
Quando dall’incidente derivi la morte della persona, si deve indagare se tale evento sia avvenuto immediatamente ovvero dopo un lasso di tempo.
Infatti la liquidazione dei danni assume rilievi differenti nelle due ipotesi: nella prima non ci sarà alcun periodo di inabilità, nel secondo invece si.
Anche la misura del danno morale sarà diversa, in quanto la sofferenza patita da chi è consapevole dell’avvicinarsi della morte è molto superiore rispetto a chi abbia percepito la propria fine in un solo istante.
E’ questo il motivo per cui il dibattito sulla trasmissibilità agli eredi del defunto che sia stato danneggiato da un sinistro stradale è sempre aperto, con alterne decisioni dei giudici di legittimità.
Per approfondire il tema della risarcibilità del danno morale da morte, si vedano gli articoli dedicati nell’apposita sezione sulla barra a destra (sul danno tanatologico, sul danno da morte immediata, sul danno biologico, sul danno catastrofale, sul diritto dei nonni, sul diritto della fidanzata).
La materia, per le lesioni di non lieve entità, è regolata dall’art. 138
del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, che si riproduce come segue.
Art. 138.
(Danno non patrimoniale per lesioni di non lieve entità) (1)
1. Al fine di garantire il diritto delle vittime dei sinistri a un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subìto e di razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori, con decreto del Presidente della Repubblica, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della giustizia, si provvede alla predisposizione di una specifica tabella unica su tutto il territorio della Repubblica:
a) delle menomazioni all’integrità psico-fisica comprese tra dieci e cento punti;
b) del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità comprensivo dei coefficienti di variazione corrispondenti all’età del soggetto leso.
2. La tabella unica nazionale è redatta, tenuto conto dei criteri di valutazione del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo i seguenti princìpi e criteri:
a) agli effetti della tabella, per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito;
b) la tabella dei valori economici si fonda sul sistema a punto variabile in funzione dell’età e del grado di invalidità;
c) il valore economico del punto è funzione crescente della percentuale di invalidità e l’incidenza della menomazione sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato cresce in modo più che proporzionale rispetto all’aumento percentuale assegnato ai postumi;
d) il valore economico del punto è funzione decrescente dell’età del soggetto, sulla base delle tavole di mortalità elaborate dall’ISTAT, al tasso di rivalutazione pari all’interesse legale;
e) al fine di considerare la componente del danno morale da lesione all’integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico stabilita in applicazione dei criteri di cui alle lettere da a) a d) è incrementata in via percentuale e progressiva per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione;
f) il danno biologico temporaneo inferiore al 100 per cento è determinato in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno.
3. Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale di cui al comma 2, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30 per cento.
4. L’ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno conseguente alle lesioni fisiche.
5. Gli importi stabiliti nella tabella unica nazionale sono aggiornati annualmente, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, in misura corrispondente alla variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertata dall’ISTAT.
(1) Articolo modificato dall’ art. 1, comma 213, D.Lgs. 12 maggio 2015, n. 74 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 1, comma 17, L. 4 agosto 2017, n. 124.
Per la consultazione delle tabelle per lesioni macropermanenti, clicca qui.
Le lesioni di lieve entità sono regolate dall’art. 139, che si riporta.
Art. 139.
(Danno non patrimoniale per lesioni di lieve entità) (1)
1. Il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e di natanti, è effettuato secondo i criteri e le misure seguenti:
a) a titolo di danno biologico permanente, è liquidato per i postumi da lesioni pari o inferiori al 9 per cento un importo crescente in misura più che proporzionale in relazione a ogni punto percentuale di invalidità; tale importo è calcolato in base all’applicazione a ciascun punto percentuale di invalidità del relativo coefficiente secondo la correlazione stabilita dal comma 6. L’importo così determinato si riduce con il crescere dell’età del soggetto in ragione dello 0,5 per cento per ogni anno di età a partire dall’undicesimo anno di età. Il valore del primo punto è pari a 795,91 euro;
b) a titolo di danno biologico temporaneo, è liquidato un importo di 39,37 euro per ogni giorno di inabilità assoluta; in caso di inabilità temporanea inferiore al 100 per cento, la liquidazione avviene in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno.
2. Ai fini di cui al comma 1, per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito. In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente.
3. Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati ovvero causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di particolare intensità, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella di cui al comma 4, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 20 per cento. L’ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche.
4. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro della giustizia e con il Ministro dello sviluppo economico, si provvede alla predisposizione di una specifica tabella delle menomazioni dell’integrità psico-fisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità.
5. Gli importi indicati nel comma 1 sono aggiornati annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico, in misura corrispondente alla variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertata dall’ISTAT. (596)
6. Ai fini del calcolo dell’importo di cui al comma 1, lettera a), per un punto percentuale di invalidità pari a 1 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1, per un punto percentuale di invalidità pari a 2 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,1, per un punto percentuale di invalidità pari a 3 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,2, per un punto percentuale di invalidità pari a 4 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,3, per un punto percentuale di invalidità pari a 5 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,5, per un punto percentuale di invalidità pari a 6 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,7, per un punto percentuale di invalidità pari a 7 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 1,9, per un punto percentuale di invalidità pari a 8 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 2,1 e per un punto percentuale di invalidità pari a 9 si applica un coefficiente moltiplicatore pari a 2,3.
(1) Articolo modificato dall’art. 32, comma 3-ter, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, e dall’ art. 1, comma 213, D.Lgs. 12 maggio 2015, n. 74. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 19, L. 4 agosto 2017, n. 124.
Per la consultazione delle tabelle per lesioni micropermanenti, clicca qui.
4. Il danno non patrimoniale (danno morale ed esistenziale)
Appare doveroso tentare di dare una definizione del danno non patrimoniale, che molto ha fatto discutere i giuristi negli ultimi anni.
In tale concetto rientrano tutte le voci di danno svincolate dal patrimonio, quali il danno morale, il danno esistenziale e anche il danno biologico, di cui si sentiva molto parlare sino a qualche tempo fa.
La nozione distinta per ciascuna tipologia di danno è stata ritenuta troppo riduttiva, per cui la Suprema Corte ha deciso di evolvere le proprie posizioni individuando un’unica categoria, all’interno della quale far confluire tutte le componenti non patrimoniali del danno.
In passato, quando si parlava di danno non patrimoniale si intendeva riferirsi per lo più al danno morale ed è per questo che ancor oggi molti giuristi utilizzano l’espressione “danno morale” per riferirsi alla generale categoria del danno non patrimoniale. Del resto la locuzione rendeva ben comprensibile il fenomeno anche ai non addetti ai lavori (l’uomo della strada di certo non parla di danno non patrimoniale, ma solo di danno morale). Lo si potrà quindi ancora richiamare, tenendo però presente che si tratta di una comodità linguistica.
Tentando di dare una definizione con parole molto semplici, il danno non patrimoniale può essere individuato sia come la sofferenza psicologica che il danneggiato patisce per il fatto di dover subire sia il dolore (fisico o psichico) derivante da un evento dannoso, sia come la limitazione funzionale del proprio corpo. Esso è pertanto un danno che non si manifesta direttamente sul patrimonio, consistendo in una lesione al fisico o in un’esperienza psicologica negativa che vive il soggetto stesso e che talvolta non è direttamente percepibile all’esterno.
Sino a poco tempo fa si parlava anche di danno esistenziale, che veniva definito come l’insieme delle conseguenze negative che si ripercuotevano sulla sfera dell’esistenza, che ne risultava limitata (per esempio il non poter più godere del proprio tempo libero come prima, oppure la maggiore difficoltà a svolgere le attività quotidiane, a frequentare gli amici, ad avere una vita sociale).
Il danno morale può differire da soggetto a soggetto, perché ognuno percepisce a modo suo il dolore, pur nell’ambito di una certa standardizzazione sulla base del fatto notorio. E’ per tale ragione che il danno “morale” dev’essere provato caso per caso sia nella sua esistenza, sia nella sua misura. All’uopo si potranno anche invocare le presunzioni, con la consapevolezza però esse non possono comportare alcun automatismo di liquidazione, perché il danno non patrimoniale va provato in concreto.
A questo punto ci si può domandare come provarlo.
Appare doveroso precisare che le compagnie assicurative tendono a non riconoscerlo per lesioni micro-permanenti, mentre per le macro-permanenti si.
Il luogo ideale per la prova del danno morale è il giudizio (civile o penale), perché solo il giudice potrà valutare gli aspetti che in concreto hanno inciso sulla vita della persona.
Per approfondire la natura del danno morale, si veda l’articolo sull’autonomia del danno morale rispetto a quello biologico.
Per le problematiche di carattere probatorio, si veda l’articolo sulla necessità della prova del danno morale per le lesioni micropermanenti.
Per approfondire i criteri di liquidazione, si veda l’articolo sull’applicazione delle tabelle del tribunale di Milano.
Per vedere le sentenze emesse dalla giurisprudenza sul danno non patrimoniale nel corso dell’anno 2016 clicca qui.
5. Le spese mediche di cura
Per quanto attiene alle spese mediche di cura si potrebbe pensare che esse non dovrebbero costituire problemi particolari per il danneggiato, che ne maturerebbe sempre il diritto alla rifusione.
Però esistono alcune regole anche in quest’ambito, che è meglio tenere presente per ottenere il pieno risarcimento.
Le spese devono trovare un nesso di causalità nell’incidente, nel senso che verrà rimborsato soltanto quanto anticipato per la cura di patologie che siano in stretta relazione con l’evento traumatico.
Il principio sembra banale, ma se il danneggiato patisce una distrazione al rachide cervicale, non potrà facilmente riuscire a dimostrare di aver subito anche un trauma alla regione lombare o a una spalla.
Esiste anche il problema della rimborsabilità di cure per trattamenti che non vengono riconosciute dal sistema sanitario nazionale.
Infine rileva il periodo di tempo in cui vengono svolti i trattamenti terapeutici: prudenzialmente essi dovrebbero avvenire all’interno del periodo di malattia o inabilità, per evitare contestazioni da parte della compagnia assicuratrice. Diversamente, si potranno eseguire anche dopo la scadenza del periodo di inabilità, purché esistano i certificati medici emessi nel periodo di malattia e che ne prescrivevano l’esecuzione.
6. Il mancato guadagno
Relativamente al mancato guadagno, il problema è verificare il nesso di causalità tra il lamentato danno e l’evento sinistroso. Sarà necessario dimostrare che la diminuzione patrimoniale derivi effettivamente dal mancato apporto professionale durante il periodo di inabilità.
Di solito la prova è ardua, perché vi sono molteplici fattori che usualmente possono condizionare un risultato economico di natura professionale: si pensi ad una crisi economica che colpisca un particolare settore dell’economia, all’andamento ciclico e altalenante delle vendite di determinati prodotti, alle aspettative di crescita che non sono supportate da chiari elementi di fatto e così via. Comunque, si potrà tentare di dimostrarne l’esistenza producendo copia delle dichiarazioni dei redditi (per le persone fisiche) o dei bilanci (per le società), dalla cui lettura risulti il danno. Qualora il soggetto che chiede il risarcimento non abbia sufficienti elementi di raffronto, perché aveva da poco intrapreso una nuova attività, si dovrà offrire la prova degli elementi di fatto che siano idonei a far supporre un miglioramento del reddito o del fatturato in assenza dell’evento dannoso. Il criterio probabilistico dovrebbe sostenere la relativa domanda in giudizio, perché nella fase di trattazione bonaria è estremamente difficile che le compagnie di assicurazione riconoscano tale voce di danno.
Si riproduce l’art. 137 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, che disciplina il tema.
Art. 137.
(Danno patrimoniale)
1. Nel caso di danno alla persona, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l’incidenza dell’inabilità temporanea o dell’invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito di lavoro, maggiorato dei redditi esenti e al lordo delle detrazioni e delle ritenute di legge, che risulta il più elevato tra quelli degli ultimi tre anni e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche negli ultimi tre anni ovvero, nei casi previsti dalla legge, dall’apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge.
2. È in ogni caso ammessa la prova contraria, ma, quando dalla stessa risulti che il reddito sia superiore di oltre un quinto rispetto a quello risultante dagli atti indicati nel comma 1, il giudice ne fa segnalazione al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate.
3. In tutti gli altri casi il reddito che occorre considerare ai fini del risarcimento non può essere inferiore a tre volte l’ammontare annuo della pensione sociale.