Come si formano i contratti
I contratti fondano la propria origine nella volontà di due o più soggetti, che ne determinano il contenuto e i confini dei rispettivi diritti e doveri.
L‘art. 1321 c.c. è molto chiaro nel definire tale natura giuridica, prevedendo che “Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
La definizione coglie bene il fondamento più profondo della fattispecie, che viene individuato anche dall’uomo comune nell’accordo volontario di due soggetti.
Il fondamento dei diritti e dei doveri contrattuali
Intorno a tale carattere distintivo ruota gran parte della disciplina legale in materia di vizi dei contratti, perché il profilo soggettivo dell’incontro delle due volontà è quello che dev’essere indagato sia quando si affronti un problema di vizio del consenso nel momento formativo del patto, sia quando si cerchi di interpretare gli esatti confini dei diritti e doveri che scaturiscono dal contratto.
L’esecuzione dei contratti
Questo ultimo aspetto si riflette sulla problematica del difetto nell’esecuzione del contratto, nel senso che per valutare se sussista adempimento o inadempimento dei doveri contrattuali, si dovrà indagare il comportamento delle parti in rapporto alla volontà racchiusa nel testo contrattuale, verificando chi può pretendere la prestazione e chi deve renderla (il diritto e il dovere sono aspetti speculari, perché laddove termina il primo, inizia il secondo e viceversa). In una parola, si tratta di interpretare l’esatto contenuto del patto e le sue conseguenze.
Ecco quindi quali possono essere più frequenti problemi in materia di contratti:
– inadempimento (di solito si tratta del mancato pagamento di una somma di denaro, ma può tradursi anche nella mancata consegna di un bene, nella mancata esecuzione di opere o servizi, nella realizzazione con vizi o difetti o in ritardo rispetto alla data pattuita);
– risoluzione;
– recesso;
– mancanza di vera intesa sul contenuto;
– interpretazione dei diritti e doveri.
Lo scioglimento dei contratti per recesso o risoluzione
Usualmente quando uno dei soggetti contesta all’altro l’inadempimento, anche l’altro a sua volta eccepisce l’inadempimento altrui, cercando di paralizzare la domanda del primo.
Lo scopo principale di chi eccepisce l’inadempimento è quello di giungere allo scioglimento del contratto, liberandosi da ogni vincolo giuridico.
L’istituto più utilizzato con tali finalità è la risoluzione, ma si deve ricordare l’esistenza anche del recesso, che ha un ambito applicativo più limitato.
Il recesso unilaterale dai contratti
Il recesso unilaterale dal contratto è un tipo di scioglimento che di norma può avvenire prima dell’inizio di esecuzione del contratto (art. 1373 c.c.).
Esso non consiste in un diritto della parte, perché dev’essere espressamente previsto nel contratto.
Invece se il contratto è a esecuzione periodica o continuata, generalmente si ritiene che la parte abbia la possibilità di recedere liberamente, anche se l’effetto si estenderà solo alle prestazioni future.
Il recesso da caparra confirmatoria o penitenziale
Oltre al recesso volontario di cui all’art. 1373 cc, esiste anche un’altra forma di recesso, molto diffusa nella dinamica contrattuale.
Si tratta di un istituto collegato alla caparra.
La forma più diffusa, specie nel settore immobiliare, è senz’altro quella della caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.), che è una somma di denaro che viene consegnata all’altra parte del contratto per sottolineare la volontà di adempiere.
Altre volte la caparra è penitenziale e rappresenta il costo della libertà di svincolarsi dal contratto senza addurre giustificazioni (art. 1386 c.c.).
La caparra rappresenta anche una forma di risarcimento dei danni, che non necessita di prova sulla quantificazione della loro entità.
Vediamo come funziona in pratica il meccanismo legale: la parte non inadempiente che ha ricevuto la caparra, potrà trattenerla, previo esercizio del diritto di recesso; se invece non ha ricevuto la caparra, potrà esigerne il doppio dalla parte inadempiente, sempre comunicando il recesso alla controparte.
Invece nel caso in cui entrambe le parti avessero adempiuto correttamente le proprie obbligazioni, l’importo conferito quale caparra potrà essere trattenuta quale anticipo di prestazione oppure restituita (ipotesi quest’ultima che non avviene mai nella pratica, perché economicamente non ha molto senso).
Per il risarcimento dei danni, la parte non inadempiente non è costretta a chiedere o trattenere la caparra, potendo anche scegliere di avvalersi del regime ordinario relativo alla risoluzione: ciò comporterà l’applicazione delle norme generali sull’illecito contrattuale, con tutte le conseguenti ricadute in termini di onere della prova (che di solito sono più difficili).
La risoluzione dei contratti
La risoluzione del contratto è un tipo di scioglimento che avviene dopo l’inizio di esecuzione dell’accordo.
Essa è di tre tipi, in quanto si fonda su diverse tipologie di fatti:
- inadempimento – art. 1453 c.c.;
- impossibilità sopravvenuta – art. 1463 c.c.;
- eccessiva onerosità (sopravvenuta) – art. 1467 c.c..
Di solito la gente comune, quando invoca queste cause di scioglimento del contratto (in particolare l’inadempimento), si esprime con termini atecnici, parlando di rescissione o recesso del contratto.
In realtà la corretta terminologia è la risoluzione, perché gli altri due istituti, pur esistendo, si riferiscono a ipotesi diverse.
In particolare la rescissione è un istituto piuttosto raro (art. 1447 c.c.), perché rappresenta una causa di scioglimento del contratto concluso in stato di pericolo ovvero affetto da lesione della proporzionalità tra le prestazioni e da uno stato di bisogno di una delle parti.