Rapporti tra la procedura di risarcimento diretto e quella ordinaria

Si ricorda il principio espresso dalla Corte Costituzionale con ordinanza 28/05/2010 n° 192, in tema di procedure di risarcimento danni utilizzabili dal danneggiato:

Il Codice delle assicurazioni si è limitato a rafforzare la posizione dell’assicurato rimasto danneggiato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i suoi diritti secondo i principi della responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso”.

Ne discende che la procedura del risarcimento diretto non è esclusiva o assorbente, restando sempre la possibilità per il danneggiato di utilizzare la procedura ordinaria di risarcimento danni.

Valore confessorio limitato della constatazione amichevole di incidente

Secondo Cass. civ. Sez. Unite, 05-05-2006, n. 10311  “Nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, il responsabile del danno, che deve essere chiamato nel giudizio sin dall’inizio, assume la veste di litisconsorte necessario, poiché la controversia deve svolgersi in maniera unitaria tra i tre soggetti del rapporto processuale (danneggiato, assicuratore e responsabile del danno) e coinvolge inscindibilmente sia il rapporto di danno, originato dal fatto illecito dell’assicurato, sia il rapporto assicurativo, con la derivante necessità che il giudizio deve concludersi con una decisione uniforme per tutti i soggetti che vi partecipano. Pertanto, avuto riguardo alle dichiarazioni confessorie rese dal responsabile del danno, deve escludersi che, nel giudizio instaurato ai sensi dell’art. 18 della legge n. 990 del 1969, sia nel caso in cui sia stata proposta soltanto l’azione diretta che nell’ipotesi in cui sia stata avanzata anche la domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno, si possa pervenire ad un differenziato giudizio di responsabilità in base alle suddette dichiarazioni, in ordine ai rapporti tra responsabile e danneggiato, da un lato, e danneggiato ed assicuratore dall’altro.
Conseguentemente, va ritenuto che la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e – come detto – litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733, terzo comma, cod. civ. , secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice”.

Il testimone non può testimoniare se era parte danneggiata nel sinistro

La Corte di Cassazione, con sentenza del 14-02-2013, n. 3642, ha statuito che il testimone è incapace a testimoniate se è stato danneggiato nel sinistro, in quanto è titolare di un interesse che avrebbe potuto legittimare la sua partecipazione al giudizio.

Rispetto alla concretezza ed attualità dell’interesse, si è affermato che l’interesse a partecipare al giudizio previsto come causa d’incapacità a testimoniare dall’art. 246 cod. proc. civ. va valutato indipendentemente dalle vicende che rappresentano un “posterius” rispetto alla configurabilità di quell’interesse a partecipare al giudizio che determina la incapacità stessa, con la conseguenza che la presenza di una fattispecie estintiva del diritto azionabile, quale la prescrizione o la transazione, non fa venir meno il coinvolgimento nel processo e non fa, pertanto, riacquistare la capacità a testimoniare.

Nella occasione, la Suprema Corte ha precisato che non valeva ad escludere tale incapacità la circostanza che fosse intervenuta tra le parti del contratto una transazione con la quale si estinguevano le pretese creditorie derivanti dai pregressi rapporti.