L’accettazione dell’eredità da parte dei minori avviene secondo uno schema normativo predisposto per la loro tutela, perché i minori sono soggetti deboli e in quanto tali incapaci di assumere decisioni consapevoli.
E’ noto che un’eredità può essere positiva o negativa, a seconda che preveda più crediti o più debiti nella composizione del suo asse.
Invece un minore è per definizione un soggetto incapace d’intendere e volere, per cui non è in grado di operare adeguatamente la ponderazione dell’interesse positivo o negativo rispetto ad un’eredità che gli viene offerta.
Sotto tale profilo, un adulto è in grado di discernere se l’eredità che gli viene devoluta è conveniente o meno, perché dotato della maturità necessaria e un sufficiente senso di responsabilità.
Pertanto la legge prevede che quando tra gli eredi vi sia un minore, l’eredità andrà dal medesimo accettata col beneficio d’inventario (art. 471 cc).
Accettazione dell’eredità col beneficio d’inventario
Il beneficio d’inventario è un meccanismo che impedisce la trasmissione automatica degli eventuali debiti ereditari al minore.
Esso consiste nella redazione di un inventario di tutti i beni dell’eredità, intesi sia come attività sia come passività.
Quindi vi si dovranno inserire, per esempio,
tra le attività:
beni immobili (case, terreni);
beni mobili (arredamento, gioielli);
crediti verso le banche (saldo attivo dei conti correnti);
investimenti (azioni, obbligazioni, etf);
tra le passività:
debiti verso l’agenzia delle entrate (per iva, redditi);
debiti verso l’Inps;
debiti verso le banche (saldo negativo dei conti correnti, mutui, fidi, finanziamenti);
debiti verso fornitori.
Come fare l’inventario dell’eredità
L’inventario è un atto giuridico a forma vincolata.
La forma in cui dovrà essere redatto è quella dell’atto pubblico, che potrà essere stilato da un pubblico ufficiale, che è o un notaio oppure il cancelliere del tribunale competente per l’eredità di cui si tratta (art. 484 c.c.).
Per la scelta del pubblico ufficiale più idoneo allo scopo, si dovrà considerare che il costo del notaio è molto più elevato, ma i tempi della sua esecuzione sono anche molto più ridotti rispetto al tribunale: in pratica l’interessato potrà decidere considerando se è più importante il costo o il tempo per ottenere l’inventario.
Inoltre in tribunale il soggetto interessato dovrà farsi parte attiva per prendere gli appuntamenti necessari e svolgere i pagamenti, attività che di solito preferisce delegare a un avvocato specializzato in successioni.
Termine entro cui il minore può accettare l’eredità con l’inventario
Il termine entro cui il minore può accettare l’eredità col beneficio dell’inventario è di un anno dopo aver raggiunto la maggiore età, quindi in pratica sino al compimento del diciannovesimo anno d’età (art. 489 c.c.).
Questo perché si è voluto assegnare un certo respiro al minore dopo la maggiore età, altrimenti avrebbe dovuto compiere la scelta se accettare o meno l’eredità già prima dei diciotto anni, quindi in un momento in cui non era ancora in grado di farlo.
La divisione ereditaria è l’attività diretta ad attribuire a ciascun erede dei beni singoli in misura corrispondente alla sua quota ereditaria.
Quindi, dal punto di vista degli obiettivi si tratta di assegnare agli eredi alcuni dei beni inclusi nell’asse ereditario, così da renderli proprietari esclusivi, eliminando la comproprietà che si è creata con l’accettazione dell’eredità.
In tal modo si trasformerà la quota ereditaria, che è una quota ideale (nel senso che cade su ciascun bene, cosicché tutti gli eredi hanno il possesso di tutti i beni, ma nei limiti della quota di ciascuno), in una quota concreta (che attribuirà il possesso solo di alcuni beni, quelli che verranno assegnati in proprietà esclusiva).
Pertanto si può dire che la divisione ereditaria mira a porre fine alla situazione di contitolarità degli eredi sull’intero patrimonio del defunto, comprensivo di crediti e debiti.
QUANDO SI PUO’ CHIEDERE LA DIVISIONE EREDITARIA
La divisione ereditaria in linea generale può essere chiesta in ogni tempo da ciascuno degli eredi (art. 713 cc).
Quindi ogni erede è libero di far cessare lo stato di comproprietà sui beni compresi nell’eredità.
Ci sono però alcune eccezioni alla libertà di divisione, tutte previste nell’ipotesi in cui ci sia un testamento: se c’è un minore tra gli eredi (finché non abbia compiuto i 19 anni), oppure quando il testatore ha imposto un termine prima di poter dividere i beni (al massimo di cinque anni).
COMPOSIZIONE DELL’ASSE EREDITARIO DA DIVIDERE
Si deve ricordare però che l’eredità è un patrimonio costituito non soltanto da poste attive, quali gli immobili, il denaro, gli investimenti, i crediti, le aziende, ma anche le poste passive, ovverosia i debiti del defunto o dell’eredità (tra cui vi rientrano quantomeno le spese del funerale). Quindi è necessario assegnare a ciascun erede non solo i crediti, ma anche i debiti. Quando i primi hanno un importo superiore ai secondi, non ci saranno grandi problemi, perché si tratterà semplicemente di far pagare a ciascun erede la propria quota di debiti o in compensazione o in denaro. Addirittura, se il patrimonio del defunto presenta una liquidità sufficiente, si potrà prelevare direttamente l’importo necessario e gli eredi potranno provvedere al pagamento col denaro comune. Altrimenti ciascun erede dovrà fornire la propria quota di denaro oppure pagare integralmente il debito, per poi chiederne il rimborso in regresso dagli altri obbligati.
COME PROCEDERE ALLA DIVISIONE EREDITARIA
Per poter procedere alla divisione ereditaria, per prima cosa è necessario conoscere il valore dei beni.
Infatti si dovrà procedere all’assegnazione a ciascun erede di un numero tale di beni che arrivi a uguagliare il valore della quota ereditaria. Quindi verranno assegnati all’erede singoli beni che corrispondono al valore complessivo della quota.
In pratica si dovranno stimare tutti i beni di cui si compone l’asse ereditario, così da conoscere il valore di ciascuno di essi.
Poi si dovrà cercare di comporre ciascuna quota con quei beni che abbiano un valore il più possibile uguale al valore della quota stessa: l’operazione risulterà facile laddove il defunto abbia lasciato soltanto denaro o investimenti mobiliari (quali azioni, obbligazioni, titoli di borsa o altri investimenti facilmente liquidabili in denaro), mentre sarà più complicata allorché abbia lasciato anche o soltanto beni immobili.
Qualora i valori dei vari beni non sia uguale, si dovrà operare attraverso conguagli in denaro a favore degli eredi che riceveranno i beni di minor valore. Il denaro potrà essere prelevato direttamente dall’asse ereditario, se è presente, oppure dovrà essere conferito dall’erede onerato del conguaglio.
IL VALORE DA ATTRIBUIRE AI BENI DA DIVIDERE
Quando il defunto abbia lasciato beni immobili, risulta più difficile attribuire loro un valore che sia condiviso da ciascun erede. Se manca una valutazione condivisa da tutti gli eredi, è consigliabile eseguire una perizia di stima degli immobili, allo scopo di individuare il valore commerciale degli stessi. Il momento cui si deve riferire la valutazione è quello della divisione ereditaria stessa. Se l’immobile da dividere è uno solo, il relativo valore economico farà da parametro per individuare la somma di denaro che uno degli eredi dovrà pagare per liquidare la quota del coerede, qualora voglia diventare unico proprietario dell’immobile escludendo l’altro. Qualora nessuno degli eredi volesse ricevere in assegnazione il bene, l’immobile dovrà essere venduto a terzi, o attraverso una procedura volontaria, oppure con un’asta giudiziaria. Se invece ci sono più immobili, i relativi valori commerciali saranno messi a confronto per formare dei lotti da assegnare a ciascun erede: le eventuali differenze di valore saranno oggetto di conguaglio in denaro.
IL DISACCORDO TRA GLI EREDI
Non è affatto raro che uno degli eredi contesti il valore dei beni assegnato da un altro, a seconda della convenienza personale. La difficoltà di trovare un accordo sul valore degli immobili è insita nella natura stessa dell’operazione divisionale, che deve comporre interessi spesso contrastanti, in quanto se taluno degli eredi ha interesse ad acquistare l’altrui quota, spera di farlo a un prezzo basso, mentre dall’altra parte chi ha interesse a vendere la sua quota confida in una valutazione superiore. Il disaccordo può coinvolgere anche l’aspetto della gestione del bene, relativamente alla contribuzione cui tutti sono tenuti rispetto alle spese di manutenzione dei beni. Ma può interessare anche l’aspetto del possesso dei beni, perché molto spesso almeno un immobile è goduto esclusivamente da uno degli eredi, senza la possibilità di fatto per gli altri di fare altrettanto o di mettere a reddito il bene, offrendolo in locazione a terzi. In tutti questi casi, in difetto di accordo, si dovrà iniziare una causa di divisione, che è l’unica soluzione che porterà sicuramente a un risultato utile per il coerede che intenda porre fine alla situazione di promiscuità dei beni caduti in successione.
DIFFERENZA CON LA DIVISIONE DI IMMOBILI
L’istituto della divisione ereditaria differisce da quello della divisione ordinaria, chiamata anche divisione immobiliare, in quanto la prima ha ad oggetto l’intero patrimonio del defunto, mentre la seconda agisce su un singolo bene. Ciò che invece accomuna le due situazioni è la comproprietà, per cui i problemi pratici che sorgono nelle due ipotesi sono simili, perché di solito riguardano la difficoltà di gestione in comune dei beni e la pretesa di uno o più eredi di ottenere la proprietà esclusiva per poter vendere il bene o goderne senza l’interferenza altrui (specie per la ritrosia a corrispondere i contributi per le spese comuni).
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