Il danno non patrimoniale, morale ed esistenziale nel 2015

Si riportano le sentenze più interessanti emesse dalla Corte di Cassazione nell’anno 2015 in tema di danno non patrimoniale, danno morale ed esistenziale.

 

Cass. civ. Sez. III, 17-12-2015, n. 25351 (rv. 638116)

Ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale da perdita di persona cara, costituisce indebita duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale – non altrimenti specificato – e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita, e quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita, altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ma unitariamente ristorato.

 

Cass. civ. Sez. III, 09-06-2015, n. 11851 (rv. 635701)

Nel caso di lesioni di non lieve entità e, dunque, al di fuori dell’ambito applicativo delle lesioni cd. micro permanenti di cui all’art. 139 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, il danno morale costituisce una voce di pregiudizio non patrimoniale, ricollegabile alla violazione di un interesse costituzionalmente tutelato, da tenere distinta dal danno biologico e dal danno nei suoi aspetti dinamico relazionali presi in considerazione dall’art. 138 del menzionato d.lgs. n. 209 del 2005, con la conseguenza che va risarcito autonomamente, ove provato, senza che ciò comporti alcuna duplicazione risarcitoria.

 

Cass. civ. Sez. III, 20-02-2015, n. 3387

La liquidazione unitaria del danno da lutto sotto i profili morale ed esistenziale, pur concettualmente distinti, ma sempre fortemente intrecciati, risulta coerente con l’esigenza di evitare duplicazioni risarcitorie e con l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite (Cass., SS.UU., 11 novembre 2008, n. 26792) in punto di unitarietà del danno non patrimoniale.

 

Cass. civ. Sez. III, 20-08-2015, n. 16992

La categoria generale del danno non patrimoniale, che attiene alla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da valore di scambio, è di natura composita e si articola in una pluralità di voci, con funzione descrittiva, quali il danno morale, quello biologico e il danno esistenziale (o da perdita del rapporto parentale nel caso di morte del congiunto).

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 19-01-2015, n. 777 (rv. 634051)

Il danno esistenziale, quale criterio di liquidazione del più generale danno non patrimoniale, risarcibile ex art. 2059 cod. civ., può essere desunto in forza dell’art. 115, secondo comma, cod. proc. civ. da massime di comune esperienza, quali la giovane età del danneggiato al momento dell’infortunio (nella specie, venticinque anni) e la gravità delle conseguenze dell’infortunio (nella specie, immobilizzazione su sedia a rotelle) incidenti sulla normale vita di relazione dell’infortunato avuto riguardo alla capacità di procreazione, alla vita sessuale, alla possibilità di praticare sport ed altre analoghe attività.

 

Cass. civ. Sez. III, 10-11-2015, n. 22885 (rv. 637822)

In tema di liquidazione del danno non patrimoniale con criterio equitativo, il giudice non è tenuto a fornire una dimostrazione minuziosa e particolareggiata di un univoco e necessario rapporto di consequenzialità di ciascuno degli elementi esaminati e l’ammontare del danno liquidato, essendo sufficiente che il suo accertamento sia scaturito da un esame della situazione processuale globalmente considerata.

 

Cass. civ. Sez. III, 19-10-2015, n. 21087 (rv. 637477)

È viziata la motivazione della sentenza che, nell’effettuare la liquidazione equitativa del danno morale, non si riferisca alla gravità del fatto, alle condizioni soggettive della persona, all’entità della sofferenza e del turbamento d’animo, in quanto la stessa si pone al di fuori del fondamento e dei limiti di cui all’art. 1226 c.c. (nella specie, relativa al danno morale patito dai congiunti della vittima di un illecito mortale, riducendo il “quantum” del risarcimento ritenendolo semplicemente eccessivo), rendendo impossibile il controllo dell'”iter” logico seguito dal giudice di merito nella relativa quantificazione.

Cass. civ. Sez. III, 19-10-2015, n. 21084 (rv. 637744)

La morte di un prossimo congiunto può causare nei familiari superstiti oltre al danno parentale, consistente nella perdita del rapporto e nella correlata sofferenza soggettiva, anche un danno biologico vero e proprio, in presenza di una effettiva compromissione dello stato di salute fisica o psichica di chi lo invoca, l’uno e l’altro dovendo essere oggetto di separata considerazione come elementi del danno non patrimoniale, ma nondimeno suscettibili – in virtù del principio della “onnicomprensività” della liquidazione – di liquidazione unitaria. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza con la quale il giudice d’appello – in riforma della sentenza di primo grado – aveva aumentato la liquidazione del danno non patrimoniale patito dai congiunti della vittima di un sinistro stradale, proprio in ragione della gravità degli effetti prodotti, sulla loro psiche, dalla morte del familiare).

 

Cass. civ. Sez. III, 15-10-2015, n. 20895

 

Nella liquidazione del danno non patrimoniale, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, non è consentita la liquidazione equitativa c.d. pura, che non faccia riferimento a criteri obiettivi di liquidazione del danno che tengano conto ed elaborino le differenti variabili del caso concreto, allo scopo di rendere verificabile a posteriori l’iter logico attraverso cui il giudice di merito sia pervenuto alla relativa quantificazione, e di permettere di verificare se e come abbia tenuto conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d’animo. Per garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, tra i criteri in astratto adottabili deve ritenersi preferibile il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano al quale la S.C., in applicazione dell’art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno non patrimoniale alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 cod. civ., salvo che non sussistano in concreto circostante idonee a giustificarne l’abbandono.

 

Cass. civ. Sez. III, 29-09-2015, n. 19211

P.R. c. (Omissis) Assicurazioni S.p.A. e altri

DANNI IN MATERIA CIVILE E PENALE Danno non patrimoniale Liquidazione e valutazione equitativa

I parametri delle Tabelle di Milano sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella di inferiore ammontare cui sia diversamente pervenuto. Di talché, è incongrua la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l’adozione dei parametri esibiti dalla predette Tabelle di Milano consente di pervenire.

 

Cass. civ. Sez. III, 20-05-2015, n. 10263

Va cassata la sentenza che, per quantificare il danno morale sofferto dal fratello della persona deceduta all’esito di un sinistro stradale, abbia applicato le tabelle in uso presso il distretto ove è ubicato l’ufficio giudiziario, anziché quelle elaborate dal Tribunale di Milano.

 

Cass. civ. Sez. III, 20-05-2015, n. 10263

 

In materia di risarcimento del danno non patrimoniale, le tabelle, siano esse giudiziali o normative, sono uno strumento idoneo a consentire al giudice di dare attuazione alla clausola generale posta all’art. 1226 c.c. e di addivenire ad una quantificazione del danno rispondente ad equità, nell’effettiva esplicazione di poteri discrezionali, e non già rispondenti ad arbitrio (quand’anche “equo”). Mentre in tema di responsabilità civile da circolazione stradale, il D.Lgs. n. 209 del 2005 ha introdotto la tabella unica nazionale per la liquidazione delle invalidità c.d. Micropermanenti (fino a 9 punti), in caso di assenza di tabelle normativamente determinate, come ad esempio per le c.d. macropermanenti e per le ipotesi diverse da quelle oggetto del suindicato decreto legislativo, il giudice fa normalmente ricorso a tabelle elaborate in base alle prassi seguite nei diversi tribunali (per l’affermazione che tali tabelle costituiscono il c.d. “notorio locale” v. in particolare Cass., 1 giugno 2010, n. 13431), la cui utilizzazione è stata dalle Sezioni Unite avallata nei limiti in cui, nell’avvalersene, il giudice proceda ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, al fine “di pervenire al ristoro del danno nella sua interezza” (v. Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972). Preso atto che le Tabelle di Milano sono andate nel tempo assumendo e palesando una “vocazione nazionale”, in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell’equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno ridurre) – al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali – ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell’art. 3 Cost., comma 2, esse vanno ritenute valido criterio di valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. delle lesioni di non lieve entità (dal 10% al 100%) conseguenti alla circolazione (v. Cass., 7/6/2011, n. 12408; Cass., 30/6/2011, n. 14402).

 

 

Cass. civ. Sez. III, 14-10-2015, n. 20619

 

Il riconoscimento del pregiudizio morale si fonda sull’accertamento di presupposti di fatto diversi rispetto a quelli che sono alla base del riconoscimento del danno biologico, con la conseguenza che, proposta impugnazione soltanto in relazione al danno biologico, essa non si estende a quello morale. A stabilirlo è la Corte di cassazione con Sent. n. 20619 del 2015 pronunciandoci su un caso di risarcimento del danno relativo ad un sinistro stradale mortale.

 

Cass. civ. Sez. III, 20-08-2015, n. 16992

Non essendo mai ristorabile nel suo preciso ammontare, il danno non patrimoniale necessita di una valutazione equitativa, che deve essere condotta con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto e ispirarsi a criteri idonei a consentire la personalizzazione del danno, al fine di addivenire ad una liquidazione equa, cioè congrua, adeguata e proporzionata.

 

Cass. civ. Sez. III, 20-08-2015, n. 16992

La liquidazione del danno non patrimoniale deve tendere all’integralità del ristoro, sì che non deve essere simbolica o irrisoria, deve comprendere tutte le voci di cui esso si compendia e deve evitare duplicazioni risarcitorie, che si configurano allorché la stessa voce viene computata più volte sulla scorta di diverse, meramente formali, denominazioni.

 

 

Cass. civ. Sez. III, 20-08-2015, n. 16992 (rv. 636308)

Il pregiudizio da perdita del rapporto parentale, da allegarsi e provarsi specificamente dal danneggiato ex art. 2697 c.c., rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale, distinto dal danno morale e da quello biologico, con i quali concorre a compendiarlo, e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell’esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, nella quale, pur dandosi atto che, dalla vicenda della tragica morte del giovane figlio, la madre ne era uscita distrutta nel corpo, trascinando la propria successiva esistenza tra mille difficoltà e problemi nel solo ricordo, quasi ossessivo, del defunto, aveva, poi, sulla base di tali circostanze, riconosciuto alla medesima il solo danno morale, negandole, però, quello da perdita del rapporto parentale).

 

Cass. civ. Sez. III, 13-08-2015, n. 16788

 

Posto che l’unitarietà del danno non patrimoniale è un concetto giuridico funzionale a presidiare il divieto di duplicazioni risarcitorie e si discosta dal polimorfismo con cui il danno può manifestarsi, che è questione di fatto, come non è consentito liquidare due volte il medesimo danno non patrimoniale chiamandolo con nomi diversi, allo stesso modo non è consentito negare il risarcimento di due danni diversi solo perché li si chiami con nomi identici.

 

Cass. civ. Sez. Unite, 22-07-2015, n. 15350 (rv. 635985)

In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente è costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicché, ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità “iure hereditatis” di tale pregiudizio, in ragione – nel primo caso – dell’assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero – nel secondo – della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo.

 

Cass. civ. Sez. Unite, 22-12-2015, n. 25767

Benché sussista l’astratta titolarità attiva dell’individuo, quando pur l’illecito sia commesso prima della sua nascita, non è configurabile nel nostro ordinamento il diritto del nascituro a richiedere al medico il risarcimento del danno per la nascita malformata, poiché non sussiste un nesso eziologico tra la condotta omissiva del sanitario e le sofferenze psicofisiche cui il figlio è destinato nel corso della sua vita.

 

Cass. civ. Sez. III, 19-06-2015, n. 12717 (rv. 635949)

In materia di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, non è adeguatamente motivata la sentenza del giudice di merito che, facendo applicazione dei parametri previsti al riguardo dalle tabelle elaborate dal tribunale di Milano, abbia liquidato, per il pregiudizio subito dai genitori in ragione della nascita di un feto morto, una somma pari ai valori più elevati della forbice risarcitoria ivi contemplata, senza considerare che essa, in quanto dichiaratamente calcolata in ragione della qualità e quantità della relazione affettiva con la persona perduta, non è di per sé utilizzabile nel caso del figlio nato morto, dove tale relazione è solo potenziale.

 

Cass. civ. Sez. III, 19-06-2015, n. 12717

Il giudice del merito che procede alla liquidazione, attraverso le relative tabelle, del danno non patrimoniale per l’ipotesi di un feto nato morto, può, in ipotesi, assimilare tale vicenda a quella del decesso di un figlio; tuttavia, deve considerare che per il figlio nato morto è ipotizzabile soltanto il venir meno di una relazione affettiva potenziale (che, cioè, avrebbe potuto instaurarsi, nella misura massima del rapporto genitore-figlio, ma che è mancata per effetto del decesso anteriore alla nascita), ma non anche di una relazione affettiva concreta sulla quale parametrare il risarcimento all’interno della forbice di riferimento.

 

 

Cass. civ. Sez. III, 19-06-2015, n. 12722

Per il riconoscimento del c.d. danno catastrofale, è necessario che la vittima, nell’apprezzabile lasso di tempo che ha preceduto la morte, si sia mantenuta lucida ed abbia così potuto preconizzarsi l’incombenza dell’inevitabile evento catastrofico a suo danno. (Nella specie la Cassazione ha escluso la risarcibilità del danno, atteso che il tempo di sopravvivenza della vittima era stato di poco più di un’ora e che non vi era prova della sussistenza di uno stato di lucidità della vittima stessa).

 

Cass. civ. Sez. III, 24-03-2015, n. 5866

Ai fini della configurabilità del diritto al risarcimento del danno catastrofale, ovvero dello sconvolgimento psichico patito da chi si trovi a cogliere, anche per un periodo di breve durata, il momento terminale della propria esistenza, assume rilievo non tanto la durata, quanto la effettiva esistenza di un tale pregiudizio. In tal senso, deve ritenersi non condivisibile la pronuncia del Giudice di merito che pur riconoscendo lo stato vigile della vittima nei momenti conseguenti al sinistro, escluda tuttavia la lucidità della stessa, in quanto non in grado di stabilire un contatto con i sanitari, soprattutto in caso di reciprocità di tale difficoltà, dovuta alla circostanza che la vittima non comprenda e non parli la lingua italiana (come nel caso concreto, ove nemmeno può attribuirsi rilievo, al fine di escludere la configurabilità del pregiudizio in parola, alla circostanza che la vittima ripeteva sempre la stessa frase, poiché, lungi dall’escludere lo stato di coscienza, tale ripetitività, poteva piuttosto costituire espressione di uno stato di drammatico spavento, del tutto compatibile con la condizione di chi senta di trovarsi in pericolo di vita).

 

 

Cass. civ. Sez. III, 12-06-2015, n. 12211 (rv. 635625)

In tema di danni alla persona, l’invalidità di gravità tale (nella specie, del 25 per cento) da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già lesione di un modo di essere del soggetto, rientrante nell’aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, quanto un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di “chance”, ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, il cui accertamento spetta al giudice di merito in base a valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 cod. civ.

 

Cass. civ. Sez. III, 08-05-2015, n. 9320 (rv. 635319)

In materia di responsabilità civile, il principio della “omnicomprensività” della liquidazione del danno non patrimoniale comporta l’impossibilità di duplicazioni risarcitorie del medesimo pregiudizio, ma non esclude, in caso di illecito plurioffensivo, la liquidazione di tanti danni quanti sono i beni oggetto di autonoma lesione, seppure facenti capo al medesimo soggetto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione con cui il giudice di merito aveva liquidato unitariamente il danno non patrimoniale patito dai familiari delle vittima di un sinistro stradale, non attribuendo autonomo rilievo al danno da perdita del rapporto parentale e a quello alla salute psichica dagli stessi pure subito in conseguenza della morte del proprio congiunto).

 

Cass. civ. Sez. III, 26-03-2015, n. 6096

Ai prossimi congiunti di persona che abbia subito lesioni personali a causa del fatto illecito costituente reato è riconosciuta la possibilità di conseguire il risarcimento del danno non patrimoniale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima.

 

 

Il danno non patrimoniale, morale ed esistenziale nel 2016

In tema di danno non patrimoniale, definizione entro il cui ambito sono stati fatti confluire il cd. danno biologico, il danno morale in tutte le sue componenti (incluso il danno esistenziale), si segnalano le seguenti sentenze o ordinanze della Suprema Corte intervenute nell’anno 2016.

Cass. civ. Sez. III, 23-02-2016, n. 3505

E’ ammissibile la liquidazione del danno non patrimoniale effettuata, in applicazione del principio della relativa necessaria personalizzazione, con il superamento dei limiti minimi e massimi degli ordinari parametri previsti dalle Tabelle predisposte dal Tribunale di Milano. Tale deroga, tuttavia, può avvenire solo quando la specifica vicenda presa in considerazione non rientri nell’ambito dell’ordinario e pur differenziato atteggiarsi delle varie possibili situazioni in astratto idonee ad orientare la liquidazione stessa tra il minimo ed il massimo del parametro tabellare, ma se ne discosti, per la presenza di circostanze di cui il parametro stesso non possa aver tenuto conto. Di tali circostanze va dato adeguatamente conto in motivazione. (Nella specie la motivazione della gravata pronuncia risulta sotto tale aspetto del tutto insufficiente, poiché il giudice del merito, dopo aver dichiarato di voler applicare la tabelle milanesi del 2011, liquida un importo inferiore al minimo ivi previsto, senza indicare motivi idonei a giustificare, né in astratto, né in concreto, tale deroga e senza espressamente chiarire l’intenzione di derogare il suddetto minimo).

 

Cass. civ. Sez. III, 19-02-2016, n. 3260

Ai fini della quantificazione equitativa del danno morale, l’utilizzo del metodo del rapporto percentuale rispetto alla quantificazione del danno biologico individuato nelle tabelle in uso, prima della sentenza delle Sezioni Unite n. 26972 del 2008, secondo cui il danno morale soggettivo non può configurarsi come conseguenza immediata e diretta della durata e dell’intensità della lesione psicofisica, con la conseguenza che, se non scompare del tutto, postula una dimostrazione e motivazione specifica, non implica che, accertato il primo (danno biologico), il secondo non abbia bisogno di alcun accertamento, perché se così fosse si duplicherebbe il risarcimento degli stessi pregiudizi. Viceversa, il metodo suddetto va utilizzato solo come parametro equitativo, fermo restando l’accertamento con metodo presuntivo, attenendo la sofferenza morale ad un bene immateriale, dell’esistenza del pregiudizio subito, mediante l’individuazione delle ripercussioni negative sul valore uomo sulla base della necessaria allegazione del tipo di pregiudizio e dei fatti da cui lo stesso emerge da parte di chi ne chiede il ristoro.

 

Cass. civ. Sez. III, 13-01-2016, n. 336

Non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria del “danno esistenziale“, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona.

 

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ordinanza, 11-01-2016, n. 222

Il danno non patrimoniale, risarcibile ex art. 15 del Codice della privacy (D.Lgs. n. 196 del 2003) non si sottrae alla verifica della “gravità” della lesione e della serietà del danno, atteso che anche per tale diritto opera il bilanciamento con il principio di solidarietà ex art. 2 Cost.. Ne deriva che determina una lesione ingiustificabile del diritto non la mera violazione delle prescrizioni di cui all’art. 11 del predetto Codice ma solo quella che ne offenda in modo sensibile la portata effettiva.

 

 

 

Il danno morale è autonomo rispetto a quello biologico.

La Cass. civ. Sez. III, 09-06-2015, n. 11851 ha precisato che “Nel caso di lesioni di non lieve entità e, dunque, al di fuori dell’ambito applicativo delle lesioni cd. micro permanenti di cui all’art. 139 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, il danno morale costituisce una voce di pregiudizio non patrimoniale, ricollegabile alla violazione di un interesse costituzionalmente tutelato, da tenere distinta dal danno biologico e dal danno nei suoi aspetti dinamico relazionali presi in considerazione dall’art. 138 del menzionato d.lgs. n. 209 del 2005, con la conseguenza che va risarcito autonomamente, ove provato, senza che ciò comporti alcuna duplicazione risarcitoria”.

Tabelle di Milano: il giudice deve motivarne il mancato utilizzo.

 

La Corte di Cassazione, Sez. III, con sentenza n. 19211 del 29 settembre 2015, ha precisato che “Deve ritenersi in tema di lesioni gravi conseguenti a sinistri stradali che i parametri delle Tabelle di Milano, che hanno vocazione nazionale, sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella di inferiore ammontare cui sia diversamente pervenuto, sottolineandosi che incongrua è la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l’adozione dei parametri esibiti dalle dette Tabelle di Milano consente di pervenire”.

Il danno morale da lesioni micropermanenti va provato

In materia di danno morale da lesioni micropermanenti la Corte Costituzionale, 16-10-2014, n. 235 ha deciso che non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’ art. 139 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), impugnato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 32, 76 e 117, primo comma, Cost. , nonché 2, 3, 6 e 8 della CEDU, 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione medesima, 6 del Trattato UE, 1 e 3, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali UE.

Nella motivazione la Corte delle leggi ha affermato che “L’asserita esclusione della liquidabilità del danno morale si fonda su una premessa interpretativa erronea, posto che esso, secondo la giurisprudenza di legittimità, rientra nell’area del danno biologico e, ricorrendone in concreto i presupposti, può essere giudizialmente riconosciuto”.

 

Il risarcimento danni in Europa – i risultati dell’IVASS.

Il recente studio comparativo condotto dall’IVASS, che ha dato vita alla pubblicazione del Quaderno 1, ha evidenziato che “Nel caso di lesioni molto gravi, (case study 2: 90% I.P.) nonostante un risarcimento ragguardevole di tipo non patrimoniale, gli italiani in genere ottengono un risarcimento complessivo (somma dei danni patrimoniale e non) inferiore agli altri paesi, ad eccezione della Spagna, ove i valori del danno patrimoniale previsti dal baremo sono molto più contenuti.

Nel caso di macrolesioni con I.P del 25%, la ricerca ha messo in evidenza che l’assicurato italiano ottiene il risarcimento non patrimoniale migliore tra quelli tabellari esaminati (Spagna e Francia).

Infine per le microlesioni al 5% di I.P. la tabella unica in vigore in Italia ha ridotto al di sotto della Francia il valore del risarcimento, mentre per la Spagna, si riscontrano valori del Baremo (obbligatori) molto bassi.

In Italia il risarcimento del danno non patrimoniale per morte più elevato d’Europa

In caso di morte gli assicurati italiani (e una ampia platea di familiari) ricevono il risarcimento non patrimoniale assolutamente più elevato d’Europa.
E’ anche pur vero però che gli assicurati italiani corrispondono un premio medio di tariffa -al netto delle tasse e contributi – (per i settori autovetture, moto e ciclomotori) anche molto superiore alla media europea.
Queste sono le conclusioni cui è pervenuto l’Ivass (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni – ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico che opera per garantire la stabilità del mercato assicurativo e la tutela del consumatore)  nel Quaderno n. 1 dedicato al tema “Il Ramo r.c. auto: raffronto tra l’Italia e alcuni paesi della UE su premi, sinistri e sistemi risarcitori del danno”.

Il danno morale va pagato anche con lesioni micropermanenti

Il danno morale o psicologico

Il danno morale o psicologico

“L’art. 139 cod. ass. (la cui rubrica è dedicata al Danno biologico per lesioni di lieve entità -ndr) consente il risarcimento anche del danno morale, inteso come sofferenza personale e componente del danno biologico. Se in concreto ne ricorrono i presupposti, il giudice può liquidare il danno morale incrementando l’ammontare del danno biologico secondo la previsione, e nei limiti, di cui alla disposizione dell’art. 139, comma 3, cod. ass.”.

In tal senso si è espressa la Corte costituzionale con sentenza del 16-10-2014, n. 235.

Per approfondire la natura del danno morale, si veda l’articolo sull’autonomia del danno morale rispetto a quello biologico.

Per le problematiche di carattere probatorio, si veda l’articolo sulla necessità della prova del danno morale per le lesioni micropermanenti.

Per approfondire i criteri di liquidazione, si veda l’articolo sull’applicazione delle tabelle del tribunale di Milano.

Di seguito il testo integrale della sentenza.

SENTENZA N. 235

ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giuseppe TESAURO; Giudici : Sabino CASSESE, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 139 del decreto legislativo 7 settembre del 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), promossi dal Giudice di pace di Torino, con ordinanza del 24 ottobre 2011, dal Tribunale ordinario di Brindisi – sezione distaccata di Ostuni, con ordinanza del 15 maggio 2012, dal Tribunale ordinario di Tivoli con ordinanza del 21 marzo 2012 e dal Giudice di pace di Recanati, con ordinanza del 24 maggio 2013, rispettivamente iscritte ai nn. 95, 272 del registro ordinanze 2012 e ai nn. 60 e 286 del registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 21 e 49, prima serie speciale, dell’anno 2012, n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2013 e n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visti gli atti di costituzione di C.D., di Uniqa Protezione spa, di Duomo Uni One assicurazioni spa, quale risultante dalla fusione tra Duomo assicurazioni e riassicurazioni spa e Uni One assicurazioni spa e di Fondiaria Sai spa, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 23 settembre 2014 e nella camera di consiglio del 24 settembre 2014 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;

uditi gli avvocati Angelo Massimo Perrini e Fabrizio Cassella per C.D. Alessandro Pace e Giulio Ponzanelli per la Uniqa Protezione spa, per la Duomo Uni One assicurazioni spa, quale risultante dalla fusione tra Duomo assicurazioni e riassicurazioni spa e Uni One assicurazioni spa e per la Fondiaria Sai spa e l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− Nel corso di un giudizio civile di cognizione, instaurato per ottenere il risarcimento dei danni patiti dall’attore C.D., quale terzo trasportato, a seguito di un incidente stradale che gli aveva procurato una distorsione al rachide cervicale, l’adito Giudice di pace di Torino, con ordinanza depositata il 24 ottobre 2011 (r.o. n. 95 del 2012), ha prospettato la questione (già in precedenza sollevata e, per difetto di motivazione sulla rilevanza, dichiarata inammissibile con ordinanza della Corte n. 157 del 2011) di legittimità costituzionale dell’art. 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), nella parte in cui – prevedendo un risarcimento del danno biologico (permanente o temporaneo) per lesioni di lieve entità (cosiddette “micropermanenti”), derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, basato su rigidi parametri fissati da tabelle ministeriali – non consentirebbe di giungere ad un’adeguata personalizzazione del danno, per contrasto con gli artt. 2, 3, 24 e 76 della Costituzione.

Secondo il giudice rimettente, sarebbe, infatti, in primo luogo, violato l’art. 2 Cost., per la fissazione di un limite al risarcimento del danno alla persona senza un adeguato contemperamento degli interessi in gioco.

A suo avviso, la norma impugnata sarebbe, altresì, in contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost., in quanto, per un verso, comporterebbe che ad identici danni corrispondano risarcimenti diseguali − dato che i valori risarcibili in base alle tabelle ministeriali in caso di lesione da sinistro stradale sarebbero inferiori rispetto a quelli fissati dalle tabelle adottate dai tribunali per il risarcimento di lesioni aventi diversa eziologia − e, per altro verso, anche con riguardo ai danneggiati da sinistro stradale, non terrebbe conto della diversa incidenza che lesioni, pur identiche, potrebbero avere in ragione delle peculiari “condizioni soggettive” dei medesimi.

La facoltà del giudice – prevista dal comma 3 della norma impugnata − di aumentare fino ad un quinto l’ammontare del danno biologico non sarebbe, poi comunque, sufficiente a coprire la reale entità del danno medesimo, donde la sussistenza anche di una irragionevole compressione del diritto ad un’effettiva tutela giudiziale, con conseguente violazione dell’art. 24 Cost.

La norma impugnata risulterebbe, infine, in contrasto anche con l’art. 76 Cost., per la previsione di un limite al risarcimento non contemplato dalla legge delega 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione 2001).

2.− Anche i Tribunali ordinari di Brindisi – sezione distaccata di Ostuni, e di Tivoli, in composizione monocratica, ed il Giudice di pace di Recanati – con ordinanze emesse in analoghi giudizi risarcitori e, rispettivamente, depositate il 15 maggio e il 21 marzo 2012 ed il 24 maggio 2013 (r.o. nn. 272 del 2012, 60 e 286 del 2013) – hanno, a loro volta, denunciato l’illegittimità costituzionale del medesimo art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005 (l’impugnazione, nelle ordinanze del Tribunale ordinario di Brindisi e del Giudice di pace di Recanati, è formalmente rivolta ai commi 1, 3 e 6, ma attrae, per connessione, anche i commi residui di detta norma), per sospetto contrasto – oltreché (sulla base di sostanzialmente coincidenti motivazioni) con gli stessi parametri evocati dal Giudice di pace di Torino (artt. 2, 3, 24 e 76 Cost.) – anche con l’art. 32 Cost., per il precluso risarcimento integrale del danno alla salute, e con l’art. 117, primo comma, Cost.

Come norme interposte, conducenti alla violazione di detto ultimo parametro, il Tribunale ordinario di Brindisi − sezione distaccata di Ostuni, ha indicato l’art. 6 del Trattato sull’Unione europea (TUE), come modificato dal Trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007, e gli artt. 2 e 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (CEDU), sul presupposto che il sistema risarcitorio previsto dalla norma censurata con il duplice limite dei valori tabellari, e dell’aumento del quinto, sarebbe incompatibile con la tutela effettiva delle nuove posizioni di diritto comunitario e, in particolare, con il “diritto all’integrità della persona” di cui all’art. 3, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e all’art. 2 della CEDU, oltre che in contrasto con il “diritto ad un processo equo”, come previsto dall’art. 6 della stessa CEDU.

Sempre a titolo integrativo della violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., il Tribunale ordinario di Tivoli e il Giudice di pace di Recanati hanno evocato anche gli artt. 3 e 8 della CEDU e 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione medesima, a loro avviso lesi in ragione, ancora una volta, della preclusione (ravvisata nella norma impugnata) all’integrale risarcimento del danno non patrimoniale arrecato al bene (sfera giuridica del soggetto leso) − tutelato dall’art. 2 della CEDU e dall’art. 1 del Protocollo addizionale alla stessa convenzione − e, conseguentemente, della disparità di trattamento nel ristoro del danno subito, in base all’elemento causativo, all’interno del medesimo ordinamento nazionale, oltre che dell’ostacolo che ne deriverebbe alla piena protezione del correlato diritto alla vita familiare e privata tutelati, appunto, dagli artt. 3 e 8 della predetta Convenzione.

3.− Entrambe le parti della controversia pendente avanti al Giudice di pace di Torino si sono costituite innanzi a questa Corte.

La difesa del danneggiato ha chiesto l’accoglimento della questione, per la non conseguibilità, sulla base della normativa impugnata, di un integrale risarcimento dei danni subiti e, in particolare, del pregiudizio morale: in ciò ravvisando un vulnus anche all’art. 32 Cost.

La difesa della compagnia assicuratrice Uniqa Protezione spa ha, a sua volta, preliminarmente dedotto la sussistenza dei presupposti per il rinvio degli atti al giudice a quo per una nuova valutazione in punto di rilevanza della sollevata questione di legittimità costituzionale per effetto della sopravvenuta modifica del censurato art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005, il cui comma secondo è stato inciso dal comma 3-ter dell’art. 32 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, a tenore del quale non potrebbero dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente le lesioni «non […] suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo», non effettuato nella fattispecie oggetto del giudizio principale.

Nel merito, ha escluso la violazione di ciascuno dei parametri evocati dal rimettente.

3.1.− Nel giudizio relativo all’ordinanza del Tribunale ordinario di Brindisi – sezione distaccata di Ostuni, si è costituita la Duomo Uni One assicurazioni spa (quale risultante a seguito di fusione per incorporazione tra la Duomo assicurazioni e riassicurazioni spa e la Uni One assicurazioni spa), chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile (per insufficiente esposizione della sua rilevanza) o, in subordine, infondata.

Ha, tra l’altro, in particolare rilevato come la riparazione integrale del danno non sia garantita dalla Costituzione e come l’art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005 non abbia, di fatto, ridotto il risarcimento del danno a mero indennizzo, mantenendo la limitazione alla tutela del diritto inviolabile alla salute entro il perimetro della ragionevolezza.

3.2.− Anche nel giudizio attivato dal Tribunale ordinario di Tivoli si è costituita la convenuta compagnia assicuratrice Fondiaria Sai spa, eccependo l’inammissibilità o, in subordine, l’infondatezza delle questioni prospettate dal rimettente, con argomentazioni sostanzialmente corrispondenti a quelle svolte dalla difesa della società Duomo Uni One assicurazioni spa, quali riassunte sub 3.1.

In particolare la Fondiaria Sai spa. ha posto in risalto l’errore concettuale in cui sarebbe incorso il rimettente nel presupporre che il valore del punto fissato dalla norma impugnata impedisca di tener conto di tutti i pregiudizi subiti dalla persona danneggiata, con ciò «non censura[ndosi] la norma di legge, bensì una delle sue possibili interpretazioni, per di più costituzionalmente non adeguata».

3.3.− Non vi è stata, invece, costituzione di parti nel giudizio relativo alla ordinanza del Giudice di pace di Recanati.

4.− In tutti e quattro i riferiti giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato.

L’interveniente ha, in linea preliminare, prospettato un profilo generale di inammissibilità delle questioni sollevate dai rimettenti, correlata alla possibilità di «un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma censurata, tenendo cioè conto degli orientamenti giurisprudenziali, non ancora consolidati, riguardanti il tema del danno biologico e del danno morale, i cui principi potrebbero orientare il giudicante verso un’interpretazione del sistema che rispetti i precetti della Costituzione, così da rendere non necessaria l’invocata pronuncia di illegittimità costituzionale».

Ha eccepito, inoltre, l’inammissibilità delle questioni sollevate dal Tribunale ordinario di Brindisi e dal Giudice di pace di Recanati, per omissione, nelle rispettive ordinanze, di una adeguata descrizione della fattispecie concreta sub iudice, che ne precluderebbe la verifica di rilevanza.

Nel merito, la difesa dello Stato ha escluso la violazione di ciascuno dei parametri evocati dai rimettenti.

Quanto all’art. 2 Cost., per la ragione che «la previsione in esame, limitata al campo dell’infortunistica da circolazione dei veicoli e natanti, realizza un equilibrato contemperamento degli opposti interessi in gioco, poiché assicura un risarcimento più che satisfattivo, in quanto commisurato all’effettiva incidenza della microlesione subita dal danneggiato, realizzando al contempo l’obiettivo che ha giustificato l’intervento normativo di ridurre cioè “i costi complessivamente affrontati dalle società di assicurazione per l’indennizzo”, vista la frequenza delle lesioni micropermanenti in quel perimetro di casistica».

Quanto all’art. 3 Cost., poiché, per un verso, non sussisterebbe un trattamento deteriore del danneggiato in conseguenza di sinistro stradale rispetto al danneggiato per altra causa, atteso che quest’ultimo non ha ex lege copertura alcuna da parte dell’assicuratore del danneggiante; e, per altro verso, perché sarebbe del pari da escludere l’ipotizzata non diversificabilità del risarcimento in correlazione alle “condizioni soggettive” dei danneggiati (da sinistro stradale), in quanto il denunciato art. 139 terrebbe conto «proprio dell’incidenza della menomazione sulle condizioni soggettive del danneggiato, autorizzando il giudice ad aumentare il risarcimento fino a una percentuale del 20%».

Quanto, poi, all’art. 24 Cost., perché nessuna “compressione del diritto a una effettiva tutela giurisdizionale”, deriverebbe dalla normativa impugnata.

Quanto, inoltre, all’art. 76 Cost., perché la censurata previsione di vincolanti valori tabellari di liquidazione delle lesioni micropermanenti non si discosterebbe, in realtà, dai criteri guida della legge delega n. 229 del 2003, alla luce anche dei principi enunciati dalla sentenza n. 230 del 2010 di questa Corte.

Quanto, infine, ai parametri comunitari, poiché, con la sentenza 23 gennaio 2014 in causa C-371/12 (Enrico e Carlo Petillo contro Unipol assicurazioni spa), la Corte di giustizia dell’Unione europea, sollecitata da una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, firmato a Roma il 25 marzo 1957 (TFUE), dallo stesso Tribunale di Tivoli, che nutriva dubbi sulla compatibilità dell’art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005 con il diritto comunitario, ha riconosciuto «conforme al diritto dell’Unione europea il sistema risarcitorio introdotto da tale disposizione».

Conclusioni, queste, ribadite, ed ulteriormente illustrate, anche con separate memorie depositate dall’Avvocatura nei giudizi iscritti al r.o. nn. 95 e 272 del 2012 e 60 del 2013.

5.− Con successiva memoria depositata il 1° settembre 2014, la difesa del danneggiato C.D. (attore nel giudizio pendente innanzi al Giudice di pace di Torino) ha replicato all’Avvocatura dello Stato, escludendo la presupposta rilevanza della richiamata sentenza della Corte di giustizia ai fini delle questioni di costituzionalità in esame.

Ciò in quanto quella Corte avrebbe «considerato l’art. 139 Cod. Ass. priv. soltanto nella ristretta prospettiva della legislazione comunitaria, sancendo che, stanti i limiti di quest’ultima, il diritto UE non può interferire, se non entro termini “minimi”, con le scelte operate dagli Stati membri quanto alle modalità di liquidazione dei danni, […] senza esprimere un’opinione positiva sul merito dell’art. 139», per cui «ogni questione di legittimità costituzionale della norma scrutinata dai giudici della UE rimane di esclusiva pertinenza dell’ordinamento interno».

6.− Viceversa – secondo la difesa delle costituite compagnie assicuratrici, affidata ai medesimi difensori, che in pari data del 1° settembre 2014 hanno depositato una unitaria memoria nei giudizi iscritti al r.o. nn. 95 e 272 del 2012 e 60 del 2013 – la predetta sentenza Petillo contro Unipol assicurazioni spa, pur se riferita all’ordinamento europeo, rileverebbe, comunque, anche ai fini della non fondatezza delle questioni sollevate dai giudici a quibus.

Quella sentenza metterebbe, infatti, «bene in evidenza che, nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria, assume rilevanza non solo l’interesse particolare del danneggiato alla riparazione del danno, ma anche l’interesse generale e sociale ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi all’interno di una responsabilità civile che è sempre più assicurata in forza di uno specifico obbligo legislativo».

E ciò comporterebbe che, in un tale quadro, non dovrebbe essere considerato solo il livello del risarcimento ma anche il livello dei premi assicurativi per evitare che l’aumento del risarcimento, che riguarda i soli danneggiati, comporti automaticamente l’aumento dei premi che, invece, sono pagati da tutti. E sarebbe proprio in questa prospettiva – che mira a «contemperare l’esigenza di riparazione del danno con l’esigenza sociale della riduzione dei costi assicurativi a carico del sistema» − che troverebbe giustificazione la limitazione del risarcimento del danno di lieve entità.

Considerato in diritto

1.− Con le quattro ordinanze in epigrafe – che, per la sostanziale identità di oggetto, possono congiuntamente esaminarsi – il Giudice di pace di Torino, i Tribunali ordinari di Brindisi – sezione distaccata di Ostuni, e di Tivoli, in composizione monocratica, ed il Giudice di pace di Recanati hanno, in relazione a vari parametri, sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), da ora anche «cod. ass.»

2.− La norma impugnata, nel testo in vigore, ratione temporis, all’atto della introduzione dei giudizi a quibus:

− stabilisce, al comma 1, che «Il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, è effettuato secondo i criteri e le misure seguenti:

a) a titolo di danno biologico permanente, è liquidato per i postumi da lesioni pari o inferiori al nove per cento un importo crescente in misura più che proporzionale in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità; tale importo è calcolato in base all’applicazione a ciascun punto percentuale di invalidità del relativo coefficiente secondo la correlazione esposta nel comma 6 […];

b) a titolo di danno biologico temporaneo, è liquidato un importo di euro trentanove virgola trentasette per ogni giorno di inabilità assoluta; in caso di inabilità temporanea inferiore al cento per cento, la liquidazione avviene in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno»;

− precisa, al comma 2, che «Agli effetti di cui al comma 1, per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito»;

− aggiunge, al comma 3, che «L’ammontare del danno biologico liquidato ai sensi del comma 1 può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato»;

− dispone, al comma 4, che «Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro della giustizia e con il Ministro delle attività produttive, si provvede alla predisposizione di una specifica tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra uno e nove punti di invalidità»;

− prevede, al comma 5, che gli importi indicati nel comma 1, siano «aggiornati annualmente con decreto del Ministro delle attività produttive, in misura corrispondente alla variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertata dall’ISTAT»;

− indica, infine, al comma 6, i coefficienti moltiplicatori applicabili a ciascun punto percentuale di invalidità, da 1 a 9.

3.− L’art. 32 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012 n. 27, ha poi, al suo comma 3-ter, disposto che «Al comma 2 dell’articolo 139 […] è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”»; e, nel successivo suo comma 3-quater, ha ulteriormente aggiunto che «Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all’articolo 139 […], è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione».

3.1.− Tali nuove disposizioni – che, in quanto non attinenti alla consistenza del diritto al risarcimento delle lesioni in questione, bensì solo al momento successivo del suo accertamento in concreto, si applicano, conseguentemente, ai giudizi in corso (ancorché relativi a sinistri verificatisi in data antecedente alla loro entrata in vigore) – rispettivamente comportano, per tali lievi lesioni:

− la necessità di un “accertamento clinico strumentale” (di un referto di diagnostica, cioè, per immagini) per la risarcibilità del danno biologico permanente;

− la possibilità anche di un mero riscontro visivo, da parte del medico legale, per la risarcibilità del danno da invalidità temporanea.

3.2.− Il riferito ius superveniens non pone, per altro, un problema di restituzione degli atti, per rivalutazione della persistenza della rilevanza delle questioni sollevate dai Tribunali ordinari di Brindisi e di Tivoli e dal Giudice di pace di Recanati, atteso che le rispettive ordinanze di rimessione danno atto che, nei sottostanti giudizi, l’accertamento strumentale introdotto dal comma 3-ter dell’art. 32 del citato d.l. n. 1 del 2012 è stato, comunque, già espletato.

Dal contenuto dell’odierno provvedimento di rimessione del Giudice di pace di Torino (che, sul piano fattuale, supera le carenze descrittive che avevano comportato la dichiarazione di inammissibilità delle identiche questioni già in precedenza sollevate da detto giudice, di cui alla sentenza n. 157 del 2011 della Corte costituzionale) non emerge, viceversa che sia stato, nel corrispondente giudizio, effettuato quell’accertamento strumentale, che condiziona la risarcibilità delle lesioni “permanenti” di lieve entità.

Ciò non ostante, la restituzione degli atti non si rende necessaria neppure nei confronti di detto rimettente – e va, quindi, respinta la richiesta pregiudiziale in tal senso formulata dalla convenuta società Uniqa Protezione – poiché la questione, sollevata in ragione delle rigidità degli importi tabellari di liquidazione del danno biologico e della non prevista risarcibilità anche dell’eventuale danno morale, resta, per tali profili, comunque, rilevante con riguardo al danno biologico “temporaneo” – di cui alla lettera b) del comma 1, dell’impugnato art. 139 – la cui liquidazione pure rientra nel petitum di quel giudizio.

4.− Nella prospettazione sostanzialmente comune ai quattro giudici a quibus, il meccanismo tabellare di risarcimento del danno biologico (permanente o temporaneo) da lesioni di lieve entità derivanti da sinistro stradale, introdotto dal censurato art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005, darebbe luogo ad un sistema indennitario che limiterebbe la piena riparazione del danno, ancorandolo a livelli pecuniari riconosciuti, per via normativa, equi ex ante, ma che – sia per la rigidità dell’aumento percentuale dell’importo nella misura massima del quinto (20%), sia per la (ritenuta) impossibilità di liquidare l’eventuale, non contemplato, danno morale – non consentirebbe una adeguata personalizzazione del danno e determinerebbe, di conseguenza, una disparità di trattamento in relazione al riconoscimento del diritto al suo integrale ristoro, in base al diverso elemento causativo del danno stesso, oltre che un’ingiustificata prevalenza della tutela dell’esercizio dell’attività assicurativa rispetto alla tutela della lesione del diritto inviolabile alla salute.

Da ciò, appunto, il denunciato contrasto con gli evocati parametri costituzionali – artt. 2, 3, 24, 32, oltreché 76 – e – secondo i Tribunali ordinari di Brindisi e di Tivoli, ed il Giudice di pace di Recanati – anche con quelli interposti delle disposizioni europee (art. 6 del Trattato sull’Unione europea − TUE; artt. 2, 3, 6, 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 − CEDU − e art. 1 del Protocollo addizionale alla medesima Convenzione; artt. 1 e 3, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000), conducenti alla ulteriore violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.

5.− L’eccezione di inammissibilità delle sollevate questioni, formulata dall’Avvocatura dello Stato, in ragione della possibilità di una interpretazione costituzionalmente adeguata della normativa impugnata, non è fondata.

Ciascuno dei giudici rimettenti non ha, infatti, omesso di verificare la possibilità di una siffatta interpretazione – omissione suscettibile, appunto, di condurre ad una declaratoria di inammissibilità alla stregua della giurisprudenza di questa Corte (da ultimo: ordinanze n. 322, n. 242, n. 198 e n. 110 del 2013) – ma, in esito a tale compiuta verifica, ha ritenuto di escluderla.

Per cui la non condivisione di una tale valutazione non rileva più in termine di ammissibilità – ma solo, in tesi, di eventuale non fondatezza – della questione in esame.

6.− Del pari non fondate sono le ulteriori eccezioni di inammissibilità, dedotte nell’interesse delle compagnie assicuratrici e della Presidenza del Consiglio dei ministri, relative alla prospettata insufficiente descrizione della vicenda concreta oggetto dei giudizi a quibus pendenti dinanzi al Tribunale ordinario di Brindisi – sezione distaccata di Ostuni, e al Tribunale ordinario di Tivoli.

Quei giudici hanno, infatti, adeguatamente motivato l’effettiva rilevanza delle questioni sollevate − in ragione dell’oggetto delle azioni innanzi ad essi proposte [risarcitorie per lesioni di lieve entità dipendenti causalmente dalla circolazione di veicoli a motore] e delle tipologie di inabilità riscontrate sulla base, come detto, di appositi accertamenti medico-legali − ritenendo non conseguibile il correlativo integrale risarcimento in applicazione dei censurati criteri tabellari.

7.− Nel merito, è preliminare l’esame del profilo di dedotta violazione dell’art. 76 della Costituzione.

Al riguardo, i rimettenti hanno sostenuto che il limite alla risarcibilità delle lesioni lievi da sinistro stradale – introdotto dalla norma delegata di cui al censurato art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005 – non rientri tra i criteri direttivi della legge di delega 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione 2001) e contrasti anzi con il suo principio ispiratore, volto alla tutela del consumatore – parte debole.

Tale prospettazione non può essere, però, condivisa.

La citata legge di delega n. 229 del 2003 prevedeva espressamente, infatti, al comma 1 del suo art. 4, che il Governo fosse delegato a provvedere «ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997 n. 59 [Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa], come sostituito dall’articolo 1 della presente legge».

Conseguiva da ciò che, nel dare attuazione alla suddetta delega, il legislatore delegato avrebbe dovuto – ai sensi dell’art. 20, comma 3, lettera a), della citata legge n. 59 del 1997 − «definire il riassetto normativo» e la «codificazione della normativa primaria regolante la materia», confermando, quindi, se del caso, le norme previgenti. E poiché tra queste rientrava l’art. 5, comma 4, della legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati), avente lo stesso tenore del censurato art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005, è evidente come il legislatore delegato del 2005 si sia mosso lungo il binario di scelte rientranti nella fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi, della legge di delega e del decreto delegato.

Il che, appunto, esclude che sia, nella specie, ravvisabile la denunciata violazione dell’art. 76 Cost.

8.− Non pertinenti, e, comunque non fondate sono poi le censure di violazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 6 della CEDU, poiché la limitazione del diritto risarcitorio, che i rimettenti paventano, attiene alla garanzia dell’oggetto di tale diritto, e non all’aspetto della azionabilità in giudizio – che quei parametri tutelano – la quale non è in alcun modo pregiudicata dalla norma denunciata.

9.− Manifestamente non fondata è poi la censura di violazione dell’art. 3 Cost., in entrambi i profili della sua declinazione.

Quanto al primo, perché la prospettazione di una disparità di trattamento − che, in presenza di identiche (lievi) lesioni, potrebbe conseguire, in danno delle vittime di incidenti stradali, dalla applicazione della normativa impugnata, in quanto limitativa di una presunta maggiore tutela risarcitoria riconoscibile a soggetti che quelle lesioni abbiano riportato per altra causa − è smentita dalla constatazione che, nel sistema, la tutela risarcitoria dei danneggiati da sinistro stradale è, viceversa, più incisiva e sicura, rispetto a quella dei danneggiati in conseguenza di eventi diversi.

Infatti solo i primi, e non anche gli altri, possono avvalersi della copertura assicurativa, ex lege obbligatoria, del danneggiante – o, in alternativa, direttamente di quella del proprio assicuratore – che si risolve in garanzia dell’an stesso del risarcimento.

Mentre, a sua volta, l’assunto per cui gli introdotti limiti tabellari non consentirebbero di tener conto della diversa incidenza che pur identiche lesioni possano avere nei confronti dei singoli soggetti, trascura di dare adeguato rilievo alla disposizione di cui al comma 3 del denunciato art. 139, in virtù della quale è consentito al giudice di aumentare fino ad un quinto l’importo liquidabile ai sensi del precedente comma 1, con «equo e motivato apprezzamento», appunto, «delle condizioni soggettive del danneggiato».

10.− La lesione degli ulteriori parametri costituzionali ed europei evocati dai rimettenti è duplicemente motivata: in ragione sia dalla non prevista (e quindi a loro avviso esclusa) liquidabilità del danno morale, sia del “limite” apposto dalla normativa impugnata alla integrale risarcibilità del danno biologico.

10.1.− In relazione al primo dei due suindicati profili, la questione non è fondata per erroneità della sua premessa interpretativa.

È pur vero, infatti, che l’art. 139 cod. ass. fa testualmente riferimento al “danno biologico” e non fa menzione anche del “danno morale”.

Ma, con la sentenza n. 26972 del 2008, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno ben chiarito (nel quadro, per altro, proprio della definizione del danno biologico recata dal comma 2 del medesimo art. 139 cod. ass.) come il cosiddetto “danno morale” − e cioè la sofferenza personale suscettibile di costituire ulteriore posta risarcibile (comunque unitariamente) del danno non patrimoniale, nell’ipotesi in cui l’illecito configuri reato − «rientra nell’area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente».

La norma denunciata non è, quindi, chiusa, come paventano i rimettenti, alla risarcibilità anche del danno morale: ricorrendo in concreto i presupposti del quale, il giudice può avvalersi della possibilità di incremento dell’ammontare del danno biologico, secondo la previsione, e nei limiti, di cui alla disposizione del citato comma 3.

10.2.− Anche in relazione all’ulteriore profilo del «limite» all’integrale risarcimento del danno alla persona − che i giudici a quibus addebitano alla norma impugnata di avere illegittimamente introdotto in materia di microlesioni da sinistro stradale − la questione, in relazione ai medesimi parametri di cui sopra, non è fondata.

10.2.1.− Questa Corte (nella occasione, in particolare, della denunciata previsione di limiti alla responsabilità del vettore aereo in tema di trasporto di persone) ha già chiarito come non si configuri ipotesi di illegittimità costituzionale per lesione del diritto inviolabile alla integrità della persona ove la disciplina in contestazione sia volta a comporre le esigenze del danneggiato con altro valore di rilievo costituzionale, come, in quel caso, il valore dell’iniziativa economica privata connesso all’attività del vettore (sentenza n. 132 del 1985).

A sua volta, la Corte di cassazione, con la già ricordata sentenza n. 26972 del 2008, ha puntualizzato come il bilanciamento tra i diritti inviolabili della persona ed il dovere di solidarietà (di cui, rispettivamente, al primo e secondo comma dell’art. 2 Cost.) comporti che non sia risarcibile il danno per lesione di quei diritti che non superi il «livello di tollerabilità» che «ogni persona inserita nel complesso contesto sociale […] deve accettare in virtù del dovere di tolleranza che la convivenza impone».

Al bilanciamento – che doverosamente va operato tra i valori assunti come fondamentali dalla nostra Costituzione ai fini della rispettiva, complessiva, loro tutela – non si sottraggono neppure i diritti della persona consacrati in precetti della normativa europea – ove questi vengano, come nella specie, in rilievo come parametri del giudizio di costituzionalità, per interposizione ex art. 117, primo comma, Cost. – poiché, come pure già precisato, «A differenza della Corte EDU, questa Corte […] opera una valutazione sistemica e non isolata dei valori coinvolti dalle norme di volta in volta scrutinate» (sentenza n. 264 del 2012).

10.2.2.− Il controllo di costituzionalità del meccanismo tabellare di risarcimento del danno biologico introdotto dal censurato art. 139 cod. ass. – per il profilo del prospettato vulnus al diritto all’integralità del risarcimento del danno alla persona – va, quindi, condotto non già assumendo quel diritto come valore assoluto e intangibile, bensì verificando la ragionevolezza del suo bilanciamento con altri valori, che sia eventualmente alla base della disciplina censurata.

Orbene, in un sistema, come quello vigente, di responsabilità civile per la circolazione dei veicoli obbligatoriamente assicurata – in cui le compagnie assicuratrici, concorrendo ex lege al Fondo di garanzia per le vittime della strada, perseguono anche fini solidaristici, e nel quale l’interesse risarcitorio particolare del danneggiato deve comunque misurarsi con quello, generale e sociale, degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi – la disciplina in esame, che si propone il contemperamento di tali contrapposti interessi, supera certamente il vaglio di ragionevolezza.

Infatti, l’introdotto meccanismo standard di quantificazione del danno − attinente al solo specifico e limitato settore delle lesioni di lieve entità e coerentemente riferito alle conseguenze pregiudizievoli registrate dalla scienza medica in relazione ai primi (nove) gradi della tabella – lascia, comunque, spazio al giudice per personalizzare l’importo risarcitorio, risultante dalla applicazione delle suddette predisposte tabelle, eventualmente maggiorandolo fino ad un quinto, in considerazione delle condizioni soggettive del danneggiato.

Del resto, sulla base di analoghe considerazioni, anche la Corte di giustizia della Unione europea, adita con rinvio pregiudiziale dallo stesso Tribunale di Tivoli, odierno rimettente, nella sentenza 23 gennaio 2014, in causa C-371/12, E. e C. Petillo contro Unipol assicurazioni, ha escluso la prospettata incompatibilità dell’art. 139 cod. ass. con le direttive europee.

11.− Conclusivamente le questioni sollevate dai rimettenti sono, sotto ogni profilo, non fondate.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), sollevata dal Giudice di pace di Torino, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 76 della Costituzione; dal Tribunale ordinario di Brindisi – sezione distaccata di Ostuni, per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 32, 76, e con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 2 e 6 della CEDU, 6 del Trattato dell’Unione europea, e 1 e 3, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; dal Tribunale ordinario di Tivoli e dal Giudice di pace di Recanati, per contrasto con i medesimi artt. 2, 3, 24, 32, 76 Cost. e con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 3 e 8 della CEDU e 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione medesima, con le rispettive ordinanze in epigrafe indicate.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 ottobre 2014.

F.to:

Giuseppe TESAURO, Presidente

Mario Rosario MORELLI, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 ottobre 2014.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella Paola MELATTI