Valore confessorio limitato della constatazione amichevole di incidente

Secondo Cass. civ. Sez. Unite, 05-05-2006, n. 10311  “Nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, il responsabile del danno, che deve essere chiamato nel giudizio sin dall’inizio, assume la veste di litisconsorte necessario, poiché la controversia deve svolgersi in maniera unitaria tra i tre soggetti del rapporto processuale (danneggiato, assicuratore e responsabile del danno) e coinvolge inscindibilmente sia il rapporto di danno, originato dal fatto illecito dell’assicurato, sia il rapporto assicurativo, con la derivante necessità che il giudizio deve concludersi con una decisione uniforme per tutti i soggetti che vi partecipano. Pertanto, avuto riguardo alle dichiarazioni confessorie rese dal responsabile del danno, deve escludersi che, nel giudizio instaurato ai sensi dell’art. 18 della legge n. 990 del 1969, sia nel caso in cui sia stata proposta soltanto l’azione diretta che nell’ipotesi in cui sia stata avanzata anche la domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno, si possa pervenire ad un differenziato giudizio di responsabilità in base alle suddette dichiarazioni, in ordine ai rapporti tra responsabile e danneggiato, da un lato, e danneggiato ed assicuratore dall’altro.
Conseguentemente, va ritenuto che la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e – come detto – litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733, terzo comma, cod. civ. , secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice”.

Il lucro cessante si prova anche con presunzioni semplici

Il danno da lucro cessante, secondo il disposto di cui all’art. 2056, comma 2, c.c. , può essere riconosciuto allorché sussista documentazione idonea a dimostrare la riduzione concreta del guadagno futuro. In tale contesto, la prova della riduzione futura della capacità di guadagno può essere data non solo attraverso le dichiarazioni dei rediti riferite agli anni successivi al verificarsi del sinistro, ma anche per il tramite di altra documentazione idonea a dimostrare, o far comunque presumere, che il guadagno futuro sarà in concreto inferiore a quello degli anni antecedenti il sinistro. La valutazione prognostica del pregiudizio economico proiettantesi nel futuro consente, invero, anche di avvalersi di presunzioni semplici, salva determinazione equitativa del quantum risarcitorio in assenza di prova certa offerta dall’istante.

Così si è espressa Cass. civ. Sez. III, 23-09-2014, n. 20003.